Portrait image of Dr Rampa in his russet robe.

Botton d'oro

Portrait image of Dr Rampa in his russet robe.
Pensiero, ragione e paura sono i freni che rallentano la nostra evoluzione spirituale

Conobbi Lobsang Rampa a Londra nel 1954, prima che egli scrivesse il suo libro Il Terzo Occhio, e prima che lo conoscessero in tutto il mondo. Allora vissi nel centro di Londra con mio marito ed i nostri due figli piccoli, in una piacevole casa in stile Reggenza, appena fuori dalla Bayswater Road, di fronte all'ultima entrata ai Giardini di Kensington, andando dall'angolo del parco Hide Park verso la porta di Notting Hill. Allora Lobsang Rampa era conosciuto come Dottor Carl Ku'an ed egli mi disse più tardi di avermi intravista per la prima volta quando per poco non lo investii nella via di Kensington Church. Io non ricordo l'incidente di quel giorno, nel quale egli quasi perse la vita, perché, semplicemente, non l'avevo visto. A quei tempi era possibilissimo guidare per Londra molto velocemente e quello era il modo in cui ero abituata guidare la mia piccola macchina.

C'era un giardino dietro la nostra casa ed in fondo al giardino avevamo il solito garage, accessibile dalle antiche scuderie ristrutturate che si trovavano lungo il retro della nostra casa. Avevamo fatto costruire un appartamento sopra il nostro garage per dare alloggio ad una governante. Oggi un aiuto in casa del genere verrebbe chiamato domestica, ma a quei tempi il termine domestica era riservato generalmente ad una donna capace di gestire una casa, magari quella di uno scapolo benestante, oppure una donna molto abile che governava una casa molto grande, alla pari con un maggiordomo. Noi non eravamo così importanti, noi avevamo una governante, ed è nell'appartamento della nostra governante che incontrai Dottor Carl Ku'an per la prima volta. Fu un incontro che non ho mai dimenticato e mai dimenticherò.

Il Terzo Occhio25 anni con T. Lobsang Rampa - Il primo libro di Sheelagh. Sheelagh ci informa dei tempi in cui conobbe Dottor Rampa e delle difficoltà che essi tutti incontrarono durante i loro numerosi viaggi, dovuti soprattutto alla loro lotta contro la stampa, il cui unico interesse era di vendere ad ogni costo i propri giornali, dell'improvvisa e compianta morte del felino Fifi dalle Vibrisse Grigie ed di come Sheelagh dovette separarsi dalla compagnia di Dottor Rampa, perché egli potesse partire per il regno dei cieli. Questa non è un'autobiografia del Dottor Rampa, ma è uno sguardo privilegiato nella loro vita privata, attraverso gli occhi e l'esperienza di Sheelagh. Potete acquistare il libro scritto in lingua inglese attraverso questo link: Lulu.

Medico da LhasaLa Grazia, il Mondo di Rampa - Dopo aver pubblicato le sue memorie riguardo ai venticinque anni vissuti al fianco di Lobsang Rampa, questa è la continuazione della storia. Si tratta di un meraviglioso saggio, in cui Sheelagh offre un ulteriore sguardo nella vita molto privata del Dottor Rampa e le sue chiare vedute su come aiutare gli altri. Botton d'oro mette, una volta per tutte, chiarezza riguardo a tutte le voci scandalose che hanno circolato negli anni riguardo al Dottor Rampa. Un libro che tutti dovrebbero leggere. Potete acquistarlo in lingua inglese seguendo il link: Lulu.

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La Grazia, il Mondo di Rampa

In seguito a quell'incontro iniziale, avrei fatto la sua conoscenza gradualmente, nel corso di pochi mesi. Sembrava che egli facesse visita alla nostra domestica regolarmente. Dopo la sua visita da lei lo incontravo nel nostro garage con un a scatolina in mano, nella quale metteva dei ragni per nutrire il suo storno triste. Mi chiedevo se questa fosse la ragione principale delle sue visite, intendo la ricerca di cibo per il suo uccello domestico, perché non riuscivo ad immaginare un altro motivo per cui avrebbe dovuto sprecare il suo tempo con una donna che, secondo il mio giudizio, aveva poco da offrire, in termini di una conversazione intelligente, per la quale sarebbe valsa la pena farle visita così frequentemente. Come dicevo, lo conobbi poco alla volta ed in questo modo: nel garage, alla ricerca di ragni ed altri insetti. Ma fu soltanto molto dopo che avesse iniziato a scrivere Il Terzo Occhio che visitai lui e sua moglie nell'unica stanza che occupavano. Questa visita rimane impressa nella mia memoria per più di una ragione.

Per primo, perché essi ai quei tempi erano molto poveri, anche se la colpa non era loro. Intanto avevano cambiato il loro cognome in Rampa. Gli avevano suggerito di scrivere un libro sulla sua vita precedente come lama nel Tibet e, dopo il suo rifiuto iniziale, comprese che forse non c'era altro modo per camparsi e così, con riluttanza, accettò. Sentiva che era necessario scrivere sotto uno pseudonimo ed aveva legalmente cambiato il suo nome da Carl Ku'an in Tuesday Lobsang Rampa. Il libro stava procedendo e, quando lo visitai per la prima volta, le cose stavano migliorando, perché egli stava ricevendo dei pagamenti anticipati dall'editore, ma non abbastanza per permettergli di andare a vivere in un alloggio migliore.

Ero abituata a visitare la gente povera nelle campagne, dove ero cresciuta, ma la povertà cittadina era di natura completamente diversa. Sto parlando del distretto di Bayswater a Londra, dove i Rampa vivevano in una di quelle case a schiera vittoriane cupe e grigie, che avevano visto tempi migliori ed ora stavano cadendo in rovina e discredito, abitate da magari dodici o più persone che vivevano la propria vita in una sola stanza e che forse avevano un salario magro da un lavoro pessimo oppure non avevano alcun lavoro e si dovevano arrangiare in qualche modo. La vita era per loro una lotta continua, c'era poca gioia in essa. Il cibo era scarso e ciò che riuscivano a racimolare provvedeva un nutrimento minimo. L'unica stanza, nella quale dormivano, cucinavano, mangiavano ed esistevano, era riscaldata con una stufa a gas, il cui avido contatore non dava tempo agli spiccioli che essi, probabilmente, avevano messo da parte con fatica in attesa di avere una o due ore di calore per dare conforto ai loro corpi deboli ed asciugare i loro vestiti. Condividevano un bagno ed un gabinetto con altri, dovevano aspettare il proprio turno e sopportare la sporcizia lasciata da chi c'era stato prima di loro: la schiuma sgradevole sull'orlo della vasca da bagno, la sozzura e lo sputo nel lavandino, il gabinetto lasciato senza tirare lo sciacquone. Questo era l'ambiente in cui vivevano i Rampa quando li visitai per la prima volta. Per me era tutto nuovo ed un pochino sconcertante.

Comunque, la loro stanza era diversa. Nonostante fosse scarsamente ammobiliata, non conferiva nessuno degli elementi descritti poc'anzi. Al contrario, era come se essi avessero superato i propri dintorni e ricavato la loro propria ed unica esistenza dalla pietra grezza e fredda, un'esistenza che era accogliente, pacifica ed integra. Quando si entrava nella loro stanza, dopo il tetro arrivo al primo piano, la differenza era straordinariamente evidente. Innanzi tutto, c'era l'incenso. Essi non potevano in realtà permettersi di usare l'incenso regolarmente a quei tempi, dico ai tempi della mia prima visita, però quel bastoncino di incenso fu acceso per la mia venuta. Forse è per questo che mi lasciò un'impressione che è difficile dimenticare.

Quando penso a Lobsang Rampa è sempre la stessa cosa, l'incenso che ritorna, il suo aroma nelle mie narici mentre ricordo. Il buonsenso e la logica mi dicono che è soltanto la mia immaginazione, non sto davvero sentendo l'incenso, il buonsenso e la logica mi dicono che questo non è possibile. Eppure, l'immaginazione è una cosa reale e potente da non sottovalutare e, mentre mi sembra di sentire il profumo dell'incenso, riesco a vederlo con l'occhio della mia mente, a immaginarlo chiaramente: il suo corpo solido e le sue braccia forti, la sua testa rasata e la sua barba lieve, che nasconde le sue mascelle sfigurate. Lo vedo, mentre prende il bastoncino grosso e lungo dal contenitore tondo di metallo, lo tiene nella sua mano mentre lo accende con un fiammifero, lo contempla per un attimo, poi gentilmente soffia per spegnere la fiamma e lo sistema nel piccolo portaincenso di ottone sul suo comodino. Mentre sale e turbina, il vapore fumoso e grigio infonde tranquillità e pace, innalza le nostre vibrazioni e permea il nostro essere.

Quel primo giorno, Ra'ab, sua moglie, mi aveva aperto il portone e mi aveva guidata su per le scale squallide verso il primo piano. L'avevo già incontrata precedentemente, ma la conoscevo a appena. Era diversa dal tipo di donna che frequentavo normalmente e non riuscivo a collocarla in base ai miei criteri, in qualche modo limitati. Le sue reazioni mi sembravano leggermente inusuali, difficili da analizzare, tuttavia, era la moglie di un uomo che avevo iniziato a rispettare profondamente e perciò la trattai con lo stesso rispetto, ma forse sbagliavo. Ero apprensiva. Avevo l'impressione che il luogo fosse malsano. Era trasandato ed odorava di cibo stantio e, a peggiorare le cose, ogni volta che posavo i piedi sui gradini essi stridevano, causandomi la sensazione del collasso totale. Arrivate su, ella aprì una delle tre porte marroni che si affacciavano sul pianerottolo e portava dentro la loro stanza. Il Dottor Rampa stava riposando con i suoi piedi appoggiati ad un letto stretto, con un gatto siamese seal point aggomitolato in grembo.

Era sua consuetudine vestirsi correttamente e tutte le volte che lo avevo incontrato in precedenza, indossava un abito nero con una camicia rosa o blu ed una cravatta nera. Le sue scarpe erano della varietà senza lacci, del tipo da indossare scivolandoci dentro o mettendoci dentro i piedi con l'aiuto del calzascarpe. Più tardi scoprii che questa scelta era dovuta al fatto, che gli era difficile, se non impossibile, piegarsi. Quel giorno era a casa sua, per cui vestiva in modo informale. Indossava una vestaglia rosso scura al posto della sua giacca e ai piedi, coperti da calze grigie, indossava un paio di pantofole. Fui invitata a sedermi su una delle due sedie nella camera, visto che l'altra era occupata da un telo blu piegato come un letto, che secondo me apparteneva al gatto siamese quando non si riposava in grembo a qualcuno. Mi ricordo di aver notato con la mia mente che l'altra sedia aveva un aspetto molto più confortevole rispetto a quella, sulla quale avrei preso posto io e, nel corso del tempo, avrei scoperto che questo rappresentava uno stato di fatto perfettamente normale. Tuttavia non riesco a ricordare di essere mai stata davvero scomoda durante tutti quegli anni che avrei vissuto con i Rampa, nonostante mi fosse stato chiesto frequentemente di spostarmi dalla sedia migliore nella stanza, cosicché qualche siamese potesse occupare ciò che veniva considerato il suo posto legittimo. Lo storno triste non era più con loro, poiché la sofferenza patita prima che lo trovasse il Dottor Rampa era troppo grande perché sopravvivesse. Il siamese seal point era il loro unico animale domestico.

Mi misi comoda, togliendomi i guanti mentre mi sedevo, poggiandoli in terra, vicino a me, insieme alla mia borsetta. Ra'ab aveva già messo il bollitore sul fornello a gas e stava già bollendo allegramente. Allungandosi per prendere una grande teiera marrone da una mensola sopra la cucina, prese un cucchiaino dal lavandino ed estrasse la quantità di tre cucchiaini di foglie di tè da un barattolo ottagonale piuttosto malridotto, collocato al lato del lavandino. Si trattava di uno di quei barattoli, decorati in stile orientale riempiti di tè che vengono solitamente regalati a Natale, un classico barattolo di tè. Ella versò l'acqua bollente nella teiera, tutto questo mentre il gattino dormiva profondamente e nessuno si impegnava a fare conversazione – non era davvero necessario porre attenzione sul gesto di fare il tè, ma esso è di per sé calmante, essendo, si può dire, quasi un rituale. Immaginai che essi bevessero molto tè durante il corso della giornata. Quando il cibo scarseggiava, il tè avrebbe per un poco calmato la fame.

La preparazione del tè in Tibet sarebbe stata molto diversa. Avendo letto la prima bozza de Il Terzo Occhio capitolo per capitolo, così com'era scritto, sapevo che in Tibet grandi blocchi di tè, provenienti dall'India, venivano portati dai commercianti, superando i passi montani sui poni. Nelle lamasserie questi blocchi sarebbero stati fatti a pezzi dai monaci e gettati in enormi calderoni di acqua bollente, sarebbero stati aggiunti sale e soda e quando il tutto avrebbe nuovamente bollito, al miscuglio sarebbero state aggiunte palettate di burro chiarificato ed il tutto sarebbe stato lasciato a bollire per ore.

Mentre Ra'ab preparava il nostro tè, quel giorno, mi venne in mente quanto doveva esser stata diversa la vita in Tibet, quanto doveva essere difficile adeguarsi alla nostra cultura occidentale e quanto il Dottor Rampa fosse riuscito bene nell'impresa di vivere a Roma come fanno i Romani. Sapevo che era restio a scrivere della sua infanzia e della sua vita di giovane uomo e lama in Tibet, perché anche allora, proprio agli inizi, sapeva già che questo gli avrebbe portato fama ed adulazione, notorietà e miscredenza, ma, a questo punto, dopo tanti tentativi di trovare lavoro, non c'era altra scelta. Doveva sopravvivere e la sopravvivenza richiedeva un reddito.

Mentre ero seduta lì, mi venne in mente che non mi ero mai sentita così rilassata in un ambiente nuovo. Questa era la seconda caratteristica memorabile della mia visita, cioè di stare seduta silenziosamente in un ambiente sconosciuto, in visita per la prima volta e sentirmi completamente a mio agio, con i pensieri che mi passavano per la mente, mentre veniva preparato il tè. Questo era significativo. Come una nuvola nera all'orizzonte della mia vita, mi tornò in mente l'acuta timidezza della mia gioventù. È vero che avevo superato con successo la balbuzie invalidante di cui soffrivo da bambina, ma essa era soltanto un sintomo dell'incertezza che tuttora mi assillava e mi lasciava in uno stato di agitazione e confusione quando dovevo adempiere a doveri sociali, fare finta di niente e dimostrare di avere il controllo. In presenza del Dottor Rampa, quel monaco tibetano, era tutt'altra cosa. C'era qualcosa in lui che annullava paura e ansia. Esse si disperdevano semplicemente come la foschia mattutina davanti al sole sorgente. Trovarsi nelle sue vicinanze impartiva una sensazione magica. Ci si sentiva attratti entro un'aura di sicurezza e calore che tutto avvolge e si sperimentava quel tipo di appagamento, che deriva dal fatto di ritrovarsi aggiustati, allineati, in sintonia. Suppongo, infatti, che quello è esattamente ciò che era. Uso la parola 'magico', perché era un sensazione sconosciuta. Ciò che stava succedendo non era ancora conosciuto dalla scienza e sarebbe trascorso molto tempo prima che lo fosse stato.

Prima di narrare il terzo avvenimento indimenticabile di quel giorno, permettetemi di dirvi come mai io stia di punto in bianco rievocando queste memorie.

Accadde questo:

Un lettore al quale piacque il mio libro in cui raccontavo gli anni trascorsi al fianco di Dottor Rampa e che, nel frattempo, è diventato un buon amico, non molto tempo fa, mi chiese se potevo scrivere qualcosa sulla gentilezza e la generosità di quest'uomo. Mi scrisse una lettera che diceva: "Apprezziamo che dottor Rampa abbia aiutato numerose persone durante i suoi viaggi e, nonostante non desideriamo immergerci nei suoi affari privati, la nostra curiosità ha la meglio, perché leggere di questi eventi ci dona tanto piacere. Conoscendo la gioia che la lettura del tuo primo libro ci ha dato, potresti mai scriverne un altro che evidenzi una tale generosità?"

Nonostante questa richiesta deliziosa e persuasiva e dalla quale ero fortemente tentata, mi sentivo tuttora incapace di impegnarmi in un tale compito. Non mi sono mai presa degli appunti e non ho mai scritto un diario, come potrei mai ricordare tutta la gentilezza, tutta la generosità, tutta la cortesia della vita di Dottor Rampa? Sentivo che era impossibile e, anche se fossi stata capace di ricordare, era improbabile che sarei stata capace di scrivere in maniera leggibile ed interessante. Generosità e gentilezza facevano parte del suo modo di vivere giorno per giorno. Non sarebbe stato facile metterlo in parole – semplicemente ERA. Pensai comunque per tanti mesi all'idea e decisi che forse, dopo tutto, questo lettore tanto interessato aveva ragione. Forse, il mio, pur piccolo, tentativo di ritrarre la grazia di Rampa avrebbe fatto piacere ad altri. Se, con le storie che vi racconterò, fossi riuscita a farne filtrare anche soltanto una traccia, una piccolissima traccia, sarebbe stato sufficiente. Per cui decisi di provarci.

Intanto il tè era pronto e fu lasciato a tirare per alcuni minuti. Continuammo a stare in socievole silenzio. La stanza era semplice, due letti stretti separati da un paravento, due sedie e ciò che deve essere stato un tavolo da gioco, al fianco del letto del dottor Rampa, coperto con un telo, sul quale erano appoggiati una radio piuttosto vecchia, una sveglia, il portaincenso di ottone ed una torcia. C'era una cassettiera semplice e sul pavimento erano adagiati una macchina da scrivere manuale ed una risma di carta. In un angolo c'era un altro tavolo malsicuro che sosteneva un oggetto coperto da un telo nero, che più appresi essere un cristallo di grande purezza che egli usava per la divinazione. Si trattava, come vi dicevo, di una stanza semplice e povera, ma non colpita dalla povertà. Qui c'era un sentimento completo e vario. Anche se ad un livello materiale la vita dei Rampa era stravolta per via della mancanza di denaro, ad un livello più elevato, dove essi sembravano vivere, tutto andava bene.

Ra'ab mi diede il tè. Aveva già aggiunto il latte, ma non mi fu offerto dello zucchero. Questo era il modo in cui veniva servito e bevuto il tè a casa loro. Ricordo che questa cosa mi era sembrata piuttosto affascinante, poiché a casa nostra servivamo il tè assieme a latte, limone e zucchero, permettendo all'ospite di scegliere, ma qui c'era soltanto una possibilità, senza la minima preoccupazione di fare una buona impressione. La presenza di un'ospite non faceva alcuna differenza, le cose stavano così – prendere o lasciare. A me questo piacque. A casa ero solita prendere il tè con il limone, ma ho gustato questo tè: era diverso.

Iniziammo a discutere sul libro che egli stava scrivendo, intitolato Il Terzo Occhio. Mentre mi stava spiegando qualcosa con la sua voce calma, piuttosto lenta ed attentamente articolata, la mia mente fu distratta da un suono improvviso, un suono appena percettibile, come se qualcuno piangesse o gemesse. Poi, fu soffocato quasi di colpo, come se una mano o un fazzoletto fosse stato messo davanti alla bocca. Continuammo la nostra discussione. Entro pochi secondi, il suono era nuovamente là, questa volta più forte. Non c'era da sbagliarsi, era qualcuno che piangeva e singhiozzava ed il pianto arrivava da fuori dalla stanza. Guardai Dottor Rampa, ma lui sembrava ignaro. Guardai Ra'ab e lei sembrava infastidita, impaziente. Disse: -Dobbiamo fare qualcosa per quanto la riguarda, Chen, è di nuovo davanti alla porta che piange.

-Davvero? Ti dispiace, Ra'ab, dirle che presto passerò da lei a vederla. Sapevo che era quasi completamente sordo e, chiaramente, non aveva sentito il suono perché la sua mente era focalizzata sulla nostra conversazione e sulle mie reazioni. Egli non mi conosceva bene ai quei tempi e, per via della sua mancanza d'udito, aveva bisogno di concentrarsi profondamente per poter seguire la mia conversazione. Quando si abituava ad una persona diventava più semplice per lui, prendeva familiarità con gli schemi mentali di un individuo e questo gli richiedeva meno concentrazione. Era altamente ed insolitamente chiaroveggente, ma occuparsi di più di uno sconosciuto alla volta rappresentava un grande sforzo per lui. Si affidava ai suoi poteri della lettura del pensiero e della lettura delle labbra quando conversava, ma bisogna tenere a mente che spesso stiamo pensando a qualcosa di completamente diverso da quello che stiamo in realtà dicendo, il che complica le cose in maniera non indifferente dal punto di vista di un chiaroveggente.

Continuò la sua discussione come se non fosse successo niente, mentre Ra'ab andò alla porta, aprendola giusto il tanto da permetterle di uscire e la chiuse dietro di sé. Confesso di esser stata, in un certo senso, eccitata; c'era la possibilità che fuori dalla porta chiusa si stesse svolgendo qualche scena terribile. Nulla di questo genere avrebbe mai potuto accadere a casa. Nel mio mondo ben ordinato e ben educato questo tipo di drammi semplicemente non accadevano, le persone non andavano in giro singhiozzando davanti alle porte altrui, soffrivano in silenzio, nonostante lo facessero, magari, altrettanto profondamente. Tratteni il fiato nell'attesa.

Ra'ab rientrò in camera, si sedette ai piedi del letto e prese il suo tè senza dire niente. Mi rilassai e come lei anch'io presi la mia tazza. Può darsi che questo genere di cose succedevano quotidianamente qui. Probabilmente le persone venivano ammazzate, svenivano o piangevano davanti alle porte e chissà cosa altro avveniva qui alla piena luce del giorno. La mia immaginazione aveva preso il volo e fu abbastanza difficile riportare la mia mente al Dottor Rampa e alla nostra conversazione.

Presto arrivò l'ora di andarmene. Il mio cane stava male a casa da solo ed io ero ansiosa di ritornare da lui. Chiesi al Dottor Rampa di non alzarsi e gli porsi la mano per congedarmi: Arrivederci, è stato un vero piacere rivederla – Chen. Poche settimane prima, aveva invitato mio marito e me di rivolgerci a lui usando il nome con il quale lo conoscevano gli amici stretti, ma ancora non mi veniva facile. Dopo una stretta di mano energica e calorosa, menzionò che alla casa editrice c'era un intoppo con il libro; qualcuno aveva espresso dei dubbi sulla sua autenticità. Lo fece sembrare un problema lieve, ma era evidente che la cosa lo preoccupasse. Me ne andai accompagnata da Ra'ab, promettendo che sarei tornata presto.

Una volta sul pianerottolo, diedi uno sguardo alle altre due porte marroni, che rimasero saldamente chiuse custodendo chissà quale segreto oscuro che si potesse nascondere all'interno. Non era facile vedere le scale nell'oscurità e quando guardai in basso vidi una scia che poteva soltanto essere del sangue, tuttora di un rosso scuro vivo, che non era ancora asciugato e che portava dalla parte più lontana del pianerottolo alla porta che avevamo appena lasciato. Afferrai Ra'ab per il braccio indicando: -Guarda – sangue!

Scrollò le spalle e disse: -Sì, dovrò ripulire prima che lo veda la padrona di casa. Lei è orribile.

- Però – ecco, cosa può essere accaduto? Qualcuno sarà ferito. È orrendo, Ra'ab!

-Oh, è soltanto quella ragazza, l'uomo per cui lavora: lottano. Poi lei rimane incinta e – ebbene, è una storia lunga. Se la padrona di casa sapesse anche soltanto la metà, la sbatterebbe fuori. Za non ha alcun posto dove andare. Facciamo per lei quello che possiamo. Non è colpa sua e ed è tutta sola nel mondo. Raggiungemmo il corridoio e Ra'ab aprì il portone con le chiavi. Mi disse: -Verrò con lei fino all'angolo; devo fare delle telefonate.

L'angolo non era distante. Mi ero sentita in apprensione mentre mi recavo qui, era un territorio nuovo, la vita allo stato crudo, l'altro lato della strada. Avevo sentito di essere vestita con eccessiva eleganza, ero a disagio ed ora, con Ra'ab al mio fianco, non era molto meglio. Alla fine la mia curiosità superò il mio imbarazzo e le chiesi: -Che cosa potete fare per aiutare quella ragazza, Ra'ab, e perché ci provate? Ci sono i posti per le persone così. Vi tirerà soltanto giù. Chen deve sicuramente andare avanti con il suo libro, non deve essere disturbato da persone indesiderabili come lei. Anche mentre parlavo riuscivo a sentire la sua disapprovazione. Si voltò e mi guardo pacatamente, quasi con ostilità: -Lei non ha esperienza e non sa niente della vita reale. Non tutti sono nati con un cucchiaio d'argento in bocca come lei. Ora la devo lasciare.

Mentre parlava, entrò nella cabina telefonica, alacremente estraendo l'elenco telefonico iniziò a cercare il numero che le serviva facendo tintinnare gli spiccioli che teneva in tasca. Era un congedo secco. Mi voltai, alquanto avvilita, ma determinata a parlarne con Chen la prossima volta che l'avrei visto e per questo non dovetti aspettare molto.

Una o due settimane più in là, mentre stavo uscendo dal negozio di tè di Fuller con una tortiera nella mia mano, mi imbattei in lui mentre scendevo verso Queensway dalla Bayswater Road. Ci salutammo e chiacchierammo per alcuni minuti, poi mi ricordai che volevo chiedergli come mai frequentava queste donne, donne che io consideravo indesiderabili ed indegne. In realtà non erano fatti miei, ma sentivo il bisogno impellente di affrontare questo argomento. C'era la donna che viveva allo stesso piano in cui viveva lui e poi c'era la mia ex domestica, alla quale aveva fatto visita così regolarmente. -Perché non viene a casa con me a prendere una tazza di tè insieme, gli chiesi. -Stasera arriva un'amica dalla campagna che resterà per alcuni giorni ed adora le torte di Fuller. Sono sicura che non le dispiacerà se assaggiamo questa. Ci avviammo assieme scendendo dalla Queensway, girando a sinistra in via Moscow Road e ancora a sinistra in piazza di St. Petersburgh, dove vivevamo. Entrambi i miei due figli erano a scuola, così potemmo sederci in salotto indisturbati con il nostro tè. Sapevo che gli era impossibile stare seduto a lungo su una sedia imbottita o un sofà, pertanto avvicinai una sedia con lo schienale duro, che sembrava andargli ragionevolmente bene.

Fu abbastanza facile entrare nell'argomento della mia ex domestica. Dovetti licenziarla ed ero un pochino preoccupata che lui potesse interpretarlo come un gesto duro da parte mia, in particolare perché lui, secondo lei, "era un gentiluomo che l'aveva aiutata più di chiunque altro prima."

-Sa, Chen, mi chiedevo cosa intendesse dire la signora W. quando mi ripeteva quanto lei l'avesse aiutata. Cosa ha fatto per lei? E ciò che per me appare ancora più strano è, perché l'ha aiutata? Feci una pausa, domandandomi se non mi fossi spinta troppo oltre, però lui sembrava calmo e in qualche modo in attesa che continuassi. Dunque continuai: -Personalmente la trovavo inutile e – ecco – mi permetta di essere schietta – per giunta una bugiarda patentata. Le storie che mi raccontava erano sorprendenti! Era, in un certo senso, strano che lei si aspettasse che le credessi e, inizialmente lo feci, ma questo deve averle dato briglia sciolta a continuare su una scala davvero ampia. Le persone importanti che pretendeva di conoscere! Perché lei aveva un catalogo di tutti gli aristocratici dello Yorkshire, i luoghi in cui era stata, le cose che . . . - ebbene, niente di tutto questo ha importanza, ma sono curiosa di sapere, devo confessare, perché lei abbia sprecato il suo tempo con lei.

Per un momento non disse niente e stette seduto in silenzio, facendomi quasi dubitare del mio punto di vista. Ma come potevo dubitarne? Sapevo che quella donna era pazza.

-Deve rendersi conto che io vedo diversamente da voi gente. 'Voi gente' era una delle sue espressioni preferite, espressione che usava frequentemente, dimostrando di sapere di essere estraneo al nostro mondo. Ero, ormai, ben consapevole che lui fosse chiaroveggente, che riuscisse a vedere le aure, leggere i pensieri e guardare sia al passato che al futuro con accuratezza.

Nonostante non sapessi di fatto niente riguardo alle cose soprannaturali, mi rendevo conto che la sua vita doveva essere molto diversa rispetto a quella della persona media. Gli passai una tazza di tè con latte, proprio come lo beveva a casa sua. Ne prese un sorso e continuò: -Io riesco a vedere le persone come sono REALMENTE, non semplicemente come sembrano essere superficialmente. Diciamo che io riesco a vedere l'anima di una persona. La vita è un palcoscenico, sa, come dice Shakespeare, e le persone sono come attori che vivono prima una vita e poi un'altra ed un'altra ancora: in una vita potrebbero essere un mendicante e nella vita successiva un principe o una principessa. Sì, da una vita all'altra cambiamo anche sesso per adempiere a ciò che dobbiamo imparare in ogni vita. Ma io riesco a vedere oltre l'attore in ogni persona. Riesco a vedere il loro vero valore – o la mancanza di esso. Fece una pausa per permettermi di digerire ciò che mi aveva appena detto. Sebbene fosse così progredito, si rendeva conto quanto poco sapevo, quanto tutto questo fosse strano per me e non fosse immediatamente comprensibile o accettabile per me.

"Allora pensa che la signora W. meritasse che lei le concedesse il suo tempo? Per me è tanto difficile crederci!" Il solo pensiero che lei potesse essere meritevole mi fece inorridire. Lei era una donna incolta della classe operaia, e tra l'altro non era neanche onesta.

"Lei non crede che avesse qualche valore?", mi chiese tranquillo. "Ebbene, il valore che LEI da ad una persona si basa su come si presenta, in altri termini, che titolo di scuola abbia conseguito, quale sia la sua posizione sociale e quella della sua famiglia, se parla in maniera acculturata, la sua ricercatezza e così via." Lo disse senza criticismo, stava semplicemente constatando un fatto e se fosse stato offensivo, non era sua intenzione. "Io, d'altronde", continuò, "non ho il vantaggio di sapere con precisione come dovrebbero apparire per superare il suo esame di merito. Io vedo ciò che ha raggiunto in senso spirituale attraverso le proprie vite sulla terra. Vedo cosa si sia proposta di apprendere durante questa vita. Il più delle volte la vita è troppo dura, le persone si prefiggono lezioni e compiti impossibili, si assumono impegni troppo grandi senza prendere in considerazione gli imprevisti che incontreranno sulla terra."

Ero perplessa. Dovevo accettare la verità di ciò che egli stesse dicendo riguardo ai miei criteri di giudizio, ma allo stesso tempo sentivo la necessità di difenderli. Il nostro intero sistema dipendeva da questi criteri. Giudiziosamente, comunque, non dissi niente.

Sorrise: -Vedo che l'ho turbata, ma sto soltanto tentando di spiegarle perché ho provato ad indirizzare la sua ex aiutante su un sentiero che potesse gestire. Le suona come un'intromissione? Non lo era. Lei è sufficientemente evoluta per riconoscere che io ero diverso, che io potevo aiutarla e così mi chiese assistenza. Una persona non può voltarsi quando le viene chiesto aiuto e quando c'è speranza. Essere medianici rappresenta un peso, sa, è una responsabilità che bisogna addossarsi. E c'era speranza, una minuscola speranza, ma pur sempre una speranza. Così tentai. Ella fallì varie volte ed io tentai ancora, ma alla fine – bastò. A quel punto non aveva senso andare avanti con lei perché non si stava impegnando sinceramente. Se una persona cerca aiuto, ma poi lo rifiuta oppure fallisce, non è una cosa buona – non è una buona cosa per essa. È come se si scivolasse indietro sulla scala dell'evoluzione. Se cerchi aiuto, devi essere serio, devi intendere di seguire il Sentiero e devi fare uno sforzo sincero.

-Capisco. E per quanto riguarda l'altra donna, colei che abita nell'appartamento a fianco al vostro? Lei è lo stesso tipo di persona?

-No, non esattamente. Lei è una vittima. Non ha mai avuto una possibilità e ha intrapreso, più o meno, l'unica via offerta a questo tipo di donne come modo per guadagnarsi da vivere. Si è messa insieme ad un uomo senza scrupoli che la usa. È sempre la stessa vecchia, vecchia storia: sesso, ricatti emozionali, mancanza di speranza. Ra'ab ed io facciamo ciò che possiamo per lei, semplicemente perché è un dovere, per mostrarle che esistono cose migliori nella vita. Rimarrà impresso da qualche parte dentro la sua mente e un giorno, quando lei sarà sull'orlo della più totale disperazione, si ricorderà. Non puoi rifiutarti di aiutare chi è in stato di bisogno. Lei non ha cercato il mio aiuto nello stesso modo. Si dice che un Buddista che vede annegare un uomo, non dovrebbe interferire e permettergli di annegare ed adempiere al suo destino oppure a risolvere il proprio karma. Ebbene, io sono un Buddista, ma sono anche altamente chiaroveggente e riesco a vedere molto più chiaramente della maggioranza degli altri. Offrire una mano a questa donna è umano. Non altererà il suo stile di vita oppure le sue scelte riguardo alle sue lezioni di vita, però potrebbe darle una speranza nelle ore più buie.

-Ma lei ha delle cose migliori e più importanti da fare! Sta sprecando il suo tempo!

-Crede? Se lei potesse vedere nel modo che lo faccio io, la penserebbe diversamente – almeno spero che lo farebbe. Fece il suo sorriso caratteristico, quasi soltanto con i suoi occhi, riportandoci in equilibrio. "C'è molta forza negativa al lavoro nel mondo, talmente tanta che è difficile affrontarla perché è troppo stressante. Le persone nella sua posizione non la vedono e, se la vedono, voltano le spalle e la ignorano. Io non posso farlo perché la sento troppo acutamente e la vedo troppo chiaramente.

Stetti seduta in silenzio, pensando a quello che mi aveva detto. La cosa aveva un altro aspetto. Anche se volessi fare qualcosa per aiutare la prostituta che abitava nella stanza a fianco alla sua, lei non vorrebbe il mio aiuto, la sua reazione sarebbe una di diffidenza e antipatia nei miei confronti. Non ci sarebbe alcun terreno d'incontro comune. Il motivo era, come aveva detto Ra'ab, che non avevo esperienze ed ero nata fortunata oppure c'era semplicemente troppa discrepanza tra quella povera donna e me? Eppure, Chen era in grado di incontrarla ad un livello, proprio come era in grado di incontrare me ad un livello. Lui era superiore ad entrambe. In quel momento il nostro sistema di rango apparve patetico e fragile come un castello di carte, avrebbe potuto crollare in un attimo senza tracce. Riacquistai il controllo. Mi trovavo su un terreno pericoloso.

-Non ha assaggiato la torta. Presi il piatto e gliene offrii un pezzo.

-No grazie, devo rientrare. Egli mise la sua tazza con il piattino sul tavolino che ci separava e si alzò per andarsene. -Sono felice di averla vista e la ringrazio per il tè. I suoi figli rientreranno presto ed io devo rimettermi a lavorare sul libro. Sta progredendo lentamente, ma sicuramente.

Andammo insieme verso il cancello del giardino e ci congedammo con una stretta di mano calorosa. -Non si agiti per le nostre conversazioni. C'è così tanto da imparare nella vita, così tanto da vedere, una volta che giungiamo a vedere sotto la superficie.

Aveva ragione. C'era molto di più da imparare, così tanto di più da imparare, ed ancora di più da vedere sotto la superficie. Ma quanto, non ne avevo alcuna idea allora.

* * * * * * * * * * * *

La memoria è interessante. Prendete il resoconto che avete scritto cinquanta anni fa di un evento e vedrete che riscrivendolo oggi a memoria, sarà sicuramente diverso dal primo. È verissimo che la memoria addolcisce, tende ad ignorare le spiacevolezze. La memoria è come un quadro impressionista, mitiga la realtà dura, rendendola più accettabile. Allo stesso tempo, comunque, gli eventi, visti a distanza di tempo vengono guardati con meno emozioni e messi al posto giusto, spesso con maggiore intuito. Scrivendolo a memoria, il resoconto viene svuotato della forte ed irragionevole emozione. Lo scrittore è ormai distaccato e riesce ad essere uno storico più obiettivo e probabilmente più accurato. Faccio questo appunto perché è stato insinuato che la mia scrittura possa essere offuscata ed inaccurata, ma quando guardo al passato, vedo una storia, un'avventura e eventi passati che rappresentano la mia vita e la vedo con una maggiore chiarezza e non la vedo in alcun modo offuscata o inaccurata, anzi, è proprio il contrario. Ora la vedo con gli occhi ben aperti, la vedo con una maggiore tolleranza rispetto alle difficoltà, una maggiore comprensione riguardo ai perché. Tutti abbiamo la storia della nostra vita. La mia diventa interessante e assume un valore per gli altri, soltanto perché include una persona notevole e siccome sono state dette e scritte molte cose sbagliate riguardo a questa persona straordinaria – Lobsang Rampa – reputo di vitale importanza che io dia di lui un resoconto vero ed onesto, anche se potrebbe sconvolgere le nozioni idealistiche di alcuni e il giudizio basato sulla cattiva informazione di altri.

Un altro dei miei lettori ed amici mi fece notare un po' di tempo fa, che deve essere stato difficile apprezzare Dottor Rampa quando si era così vicini a lui e che vederlo da lontano doveva essere molto più adatto. Questo amico aveva assolutamente ragione. Allora era difficile apprezzarlo completamente perché si sarebbe creata una barriera che non ci avrebbe permesso di vivere una vita di famiglia normale, come invece l'abbiamo vissuta. Ma dopo tutti questi anni e a questa distanza di tempo riesco a percepire con una maggiore sensibilità e comprensione, quanto sia stata onerosa la sua vita, quanto deve aver sofferto in silenzio e quanto poco sia stato in grado di spiegarlo anche a noi che considerava la sua famiglia.

Andai a vivere con i Rampa intorno al 1956 e lo posso dire con sicurezza perché era il periodo in cui fu pubblicato Il Terzo Occhio. La condivisione del nostro domicilio non era inteso come sistemazione definitiva, ma aveva lo scopo di permettermi a stabilirmi in una nuova vita, di iniziare daccapo dopo un matrimonio fallito. Allora, nonostante l'apprezzassi, diedi per scontato il grado di accoglienza di Chen e solo adesso, visto a distanza di cinquant'anni, mi rendo conto e diviene evidente la sua immensità. Il motivo per il quale a quei tempi non lo vidi così chiaramente e la ragione per cui era così facile accettare, era la sua maniera di dare. La sua bellezza e rarità stava in questo. Ciò che fece per me e per altre persone che come me, si trovavano in una situazione apparentemente impossibile, non era un atto di carità e tanto meno qualcosa di cui bisognava essere grati o per cui si aspettava gratitudine, non era gentilezza nel solito senso della parola, ma era un atto d'amore che non chiede nulla in cambio. Non era pietà, perché la gentilezza concessa per pietà avvilisce il ricevente ed è certo che nessuno sia mai stato ridotto a quel livello da lui. Lui dava con grazia, liberamente e felicemente. Donava se stesso in maniera meravigliosa ed aperta. E fu così che l'accettazione divenne la cosa più naturale del mondo, la cosa più facile e gioiosa.

Ora mi rendo conto che probabilmente per lui c'era poca o nessuna differenza tra me e le due donne menzionate prima. Eravamo tutti esseri umani in difficoltà che stavano affondando nella palude della vita, incapaci di tirarci su, proprio come l'uccello marino che lotta con le sue belle ali coperte di catrame ed olio riversati dalle navi, incapace di volare e condannato a morire di una morte certa. Ma la similitudine tra noi tre donne, non mi era evidente. I miei criteri di giudizio erano artificiali e discutibili come tessuti manufatti, e non avevano nessun rapporto con la realtà o con le leggi della natura, erano criteri fatti dall'uomo e, peggio ancora, fatti da un piccolo gruppo selezionato di uomini. Io mi consideravo ampiamente superiore alle altre due donne. La vedevo così, semmai ci pensavo, e molto probabilmente non ci pensavo perché era un dato di fatto – lo è per me! Posso soltanto presumere che si trattasse di un colpo di fortuna oppure che probabilmente avessi più bisogno di loro e questo mi permise di procedere spedita. Rimasi con i Rampa, diventando un membro della loro famiglia e della loro casa, per venticinque anni.

Ma stiamo parlando del dare, vero? Parliamo della grazia del dare, del mondo di Rampa e il tipo di dare di cui sto parlando non è quello materiale, anche se ce n'era tanto anche di quello. Ciò di cui sto parlando in questo momento è la vera apertura, l'andare incontro all'altra persona come uguali, un modo di dare disinteressato che innalza lo spirito. Vedere un povero disgraziato o una povera disgraziata all'angolo della via e gettargli una moneta oppure un capotto o un paio di guanti è una cosa e crediamo di esser andati abbastanza bene, di aver mostrato gentilezza, possiamo congratularci con noi stessi e continuare per la nostra strada felici e compiaciuti con noi stessi. Ma è tutt'altra cosa avvicinarsi al mendicante per entrare in contatto con lui, sedersi con lui sul marciapiede, impegnare del proprio tempo per recarsi in un bar e consumare del cibo insieme, ritornare poi l'indomani e l'indomani ancora fino a quando si è creata la fiducia. Io sto parlando di questo tipo di dare, che era il mondo di Rampa. Questo è il tipo di cose che lui faceva perché era libero da pregiudizi e falsi valori. Eppure, quanti di noi sarebbero veramente capaci di fare questo, nonostante vorremmo davvero farlo. La maggior parte di noi è piegata dal peso delle abitudini, della rispettabilità, tenendo intatto il nostro piccolo posto nel mondo, incontaminato dai bisognosi, il posto per il cui raggiungimento abbiamo lottato, la presa tenace che abbiamo sulle cose buone. C'è sempre quel terribile pensiero che se ci abbassiamo al livello del mendicante non riusciamo più a ritornare a quel artificioso stato che abbiamo creato per noi stessi e rimaniamo per sempre macchiati agli occhi del mondo.

Lobsang Rampa capiva bene quel modo di trattenersi che impedisce alla maggior parte di noi umani di dare veramente, quella paura che se lo facciamo, perdiamo qualcosa di noi stessi e lo considerava un ostacolo insormontabile al raggiungimento di un vero progresso in senso spirituale e ne era molto dispiaciuto. Forse, dare costantemente, liberamente e apertamente faceva parte del suo piano e sperava di dare un esempio che viene trasmesso e trasmesso ancora e ancora. Dopo aver vissuto con lui per un po', facendo l'esperienza della sua sincerità e della sua umanità, si era di fatto più aperti e più generosi e perciò più contenti e meno timorosi.

Quando fu pubblicato Il Terzo Occhio vivevamo a Londra e per i Rampa deve essere stato una pietra miliare perché dopo la pubblicazione del libro la loro vita cambiò da molti punti di vista. C'era ora la possibilità di andare avanti con il lavoro sull'aura che era la sua missione di vita. Ci sarebbero stati i soldi per acquistare macchine fotografiche, rullini e tutte le cose necessarie per il suo lavoro di ricerca sull'aura umana. Affittammo per alcuni mesi un appartamento decente e ammobiliato e non avemmo ne freddo ne fame, cosa che loro avevano invece patito precedentemente e, nonostante le preoccupazioni ed il lavoro extra che lui sicuramente aveva per via della pubblicazione, concentrò una considerevole quantità del suo tempo e della sua energia per prendersi cura di me. Come ho già detto, lo accettai con leggerezza come una cosa naturale ed era così che lui voleva che fosse. Però, senza le cure costanti, le passeggiate e le chiacchierate quotidiane, l'amicizia e le nostre conversazioni sarei caduta in un profondo pantano di depressione. Lo so di certo. Ed una profonda depressione può diventare un affare di tutt'una vita, magari controllata con terapie e cure mediche, che lascia comunque dei danni cerebrali permanenti ed alterazione della chimica corporea. Io non ebbi a soffrire nessuna di queste patologie. Ne emersi sana, più equilibrata e funzionavo come non avevo mai fatto in tutta la mia vita, come la maggior parte delle persone.

Durante le nostre frequenti uscite vidi parti di Londra che non avevo mai visto, nonostante vivessi nella città da quando ero ragazza. Prendevamo l'autobus e camminavamo. Sull'autobus ci sedevamo nel piano superiore, possibilmente nel retro, dove gli piaceva stare di più. Durante il viaggio in autobus e nell'attesa che questo raggiungesse la sua meta, gli piaceva guardare le persone diverse salire ed emergere nella parte alta della scala: prima la testa, poi il corpo. Durante uno di questi viaggi fu portato su per la scala un bambino. Ed era un'impresa difficile, come tutti quelli che viaggiano sui pullman di Londra sanno. Il bambino era disabile e contorto. Io stessa avevo due bambini piccoli e mentre lo guardavo, il mio cuore si precipitò verso questo piccolo bambino svantaggiato. Che cosa aveva in serbo per lui la vita? Sembrava terribilmente ingiusto iniziare una vita da storpio.

-Vedo che provi pietà per lui, Sheelagh, disse Chen.

-Come fai a sapere che mi dispiace per lui? Ero sorpresa. Non avevo detto niente.

-I tuoi colori. I tuoi colori mostrano i tuoi sentimenti. Stava parlando dei colori della mia aura, quei colori perennemente cangianti che vorticano intorno a noi e che possono indicare le nostre emozioni ad un sensitivo che le può percepire. -Devi ricordare che probabilmente il bambino ha scelto la propria disabilità per una ragione specifica, per qualcosa che desidera apprendere durante la vita.

-Quindi non dovremmo avere pietà? Guardai il padre che si sedette nella parte anteriore del pullman, mettendosi il bambino in grembo.

-Pietà? La pietà non è una cosa buona, è avvilente. Automaticamente, la maggior parte delle persone sentirà tristezza quando viene confrontata con la sofferenza e magari vorrebbe aiutare. Però non dovresti mai aiutare, ameno ché non ti venga chiesto, perché altrimenti interferiresti con il sentiero scelto da un'altra persona, negando ad essa la possibilità di imparare ciò che hanno deciso di apprendere in questa particolare vita. Sentivo che era in vena di parlare. Stavamo andando a Richmond e perciò avevamo tempo a sufficienza.

-Secondo me, continuò, -decidiamo nell'astrale, prima di nascere ad ogni vita che sta per iniziare, cosa abbiamo bisogno di imparare. Se gli ostacoli che scegli si rivelano peggiori di quello che ti aspettavi - e spesso lo sono – e stai lottando, ma te la stai comunque cavando, e arriva qualcuno che ti dice: -Oh, è troppo difficile per te, mi assumo un poco del tuo peso! Questo non va bene per niente. Di fatto è un ostacolo, piuttosto che un aiuto, che sta sconvolgendo completamente il tuo piano per quanto riguarda la lezione che desideri imparare. Supponiamo che accetti, comunque, l'aiuto non richiesto, l'offerta ti sembra troppo buona per rifiutarla e non vedi alcuna ragione per cui dovresti continuare a lottare perché, ricordati, tu non conosci consciamente il tuo piano, non sai consciamente di aver progettato questi ostacoli. Se fossi in grado di fare viaggi astrali e fossi sensitivo potresti vedere oltre il nostro mondo tridimensionale, lo sapresti, ma noi stiamo supponendo che non sei sensitivo e non viaggi coscientemente nei piani astrali. Perciò scegli il sentiero facile.

In qualche modo, però, la vita perde il suo scopo, ti senti frustrato, ma non sai perché. Vivi il corso di vita che ti è stato assegnato e arriva la fine, muori e viene tagliato il Cordone d'Argento, ritorni al piano astrale, lasciandoti dietro sulla Terra il tuo corpo come un vecchio vestito. Una volta fatto ritorni ai piani astrali, dove vedi le cose chiaramente, vedi che la tua vita è stata sprecata, ti rendi conto che dovrai tornare sulla Terra per provare a vivere di nuovo la stessa lezione. Devi riprendere con gli stessi ostacoli e così, accettando l'aiuto non richiesto che ti è stato imposto, hai in effetti vissuto una vita sprecata.

-Sì, avevamo già parlato un pochino di questo argomento. Evidentemente per lui era importante che io capissi questo argomento che rappresentava una pietra angolare, sulla quale poggiavano molte sfaccettature di una tradizione occulta. -Capisco cosa stai dicendo, sai, però Chen, è davvero difficile capire fino in fondo queste cose, è così diverso dal normale pensiero occidentale, anche se devo ammettere che risponde vagamente alle domande e le preoccupazioni nella mia mente. Rimasi in silenzio per un minuto o due. L'autobus si fermò e ripartì di nuovo. Stavo ancora pensando al bambino e all'importanza di non interferire con le persone a meno che non fosse richiesto. -Ma non è una reazione naturale per una persona con un minimo di buona educazione, diciamo, alzarsi ed offrire il proprio posto ad una persona disabile oppure tenerle aperta la porta? Non c'è, certo, niente di male in questo gesto?

-No, certo che no. Sto parlando di un altro ordine di aiuto, non soltanto, come giustamente dici, considerazione per altri. Comunque, allo stesso tempo devi ricordare che ci sono molti disabili o anziani con una specie di falso orgoglio che potrebbero rivolgersi a te in malo modo se offri loro anche la più minima considerazione. Sai, è un'attitudine del tipo 'So farlo da me', ma quella è la loro amarezza e la mancanza di comprensione della propria disabilità. Questo non dovrebbe distoglierti dal farlo, perché ci saranno comunque tante persone che ne saranno grate.

Capivo che la faccenda di aiutare gli altri non era semplice. E se volessero chiedere aiuto, ma erano troppo timidi per farlo? E se non sapevano come chiedere aiuto? E, tuttavia, non si può semplicemente andare in giro come un benefattore che di regola è una seccatura. Pensai che era un privilegio aiutare quando se ne presenta l'opportunità e perciò bisogna coglierla perché potrebbe trascorrere un bel po' di tempo prima che si ripresenti un'altra occasione.

Quella volta parlammo di un sacco di argomenti. Bene o male, a quei tempi, c'era molto più tempo per discutere. Più avanti, quando lui divenne più conosciuto e fu costantemente bombardato con lettere e domande, fu più difficile parlare delle proprie domande e teorie in casa. Allora, l'apprendimento arrivò con le risposte date agli altri. Questi pochi primi mesi furono il vero inizio della mia consapevolezza riguardo alle cose che vanno oltre l'esistenza terrena ed il fatto che lui abbia scelto di iniziarmi prima che il mio vecchio mondo collassasse irrevocabilmente e che si prendesse tutto quel tempo per concentrare così tanta energia nella mia educazione, fu la mia salvezza. Avevo tante di quelle cose sulle quali riflettere che fui maggiormente in grado di mettere le cose nella giusta misura e di sistemarle. Il modo in cui trasmetteva la sua conoscenza era molto più serio e condensato ora che vivevamo insieme, rispetto a prima quando ci incontravamo soltanto occasionalmente. La cosa più grande fu per me che la mia mente fu costantemente occupata durante quei primi tempi e non c'era tempo per essere giù di corda, non c'era tempo per rimpiangere le cose che mi stavo lasciando dietro. La mia mente era rivolta al futuro e a cose molto più grandi di me. Per come la vedo oggi, il suo fu un sistema ben escogitato per farmi attraversare un periodo di tempo che altrimenti sarebbe stato per me e la mia vita un periodo disastroso. Se qualcuno è depresso, sconfortato o in lutto, concentrarsi su se stessi ed auto-analizzarsi può rivelarsi fatale. Soltanto allontanando il proprio pensiero da se stessi si può realizzare e compiere la propria guarigione.

Vorrei fare una piccola digressione dal nostro argomento, per fare cenno ad un amico che, mentre scrivevo del Dottor Rampa, in buona fede, mi consigliò di raccontare ai lettore delle cose negative che riguardano sia lui che la mia vita vissuta con lui. Secondo questo amico – e sono certa che c'è un fondo di verità in ciò che dice – a nessuno piace leggere soltanto cose buone, perché diventa noioso e persino sospetto. I lettori desiderano ardentemente novità sensazionali. Il mio amico mi disse che verità nascosta ha in sé un lato oscuro che, onestamente, dovrebbe essere esposto per rendere il mio libro più interessante ed incrementarne la vendita:l'esposizione del suo lato oscuro che nessuno conosce, tranne me. Però, nonostante sapessi molto bene che il consiglio fosse basato sulla buona intenzione, non vi era niente che potesse essere talmente allettante da rendere il mio libro davvero interessante! .

Riguardo al Dottor Rampa hanno circolato molti miti e molte critiche dure, ma pochi fatti reali perché non lo conosceva quasi nessuno. Come tutte le persone eminenti e brillanti con una formazione complessa, aveva una natura variegata e non era sempre facile capirlo. Lui stesso era consapevole di essere diverso dalle altre persone e si impegnava ad essere disponibile e arrendevole. Aveva la necessità di trascorrere molto tempo da solo per stabilizzare e rinnovare le sue risorse.

Alcune, forse la maggior parte, delle persone esposte al grande pubblico decidono di non leggere mai le critiche o gli articoli scritti sul loro conto, siano esse buone o cattive e noi non eravamo un'eccezione a questa regola. Così mi sono resa conto soltanto da pochissimo tempo delle cose straordinarie che sono state attribuite sia a Chen che a noi tre, talmente lontane dalla verità da risultare davvero ridicole. Affermazioni su cosa lui avrebbe detto o fatto: luride orgie tenute in casa nostra e così via, descrizioni della sua personalità che non avevano niente a che fare con la realtà. Nelle copertine dei suoi libri fu descritto come mistico e, ammetto, che questo possa dare spazio ad ogni tipo di interpretazione. Queste impressioni false potrebbero in parte essere dovute alle sue azione. Permettete che vi spieghi meglio cosa intendo dire:

Ci sono fotografie e disegni basati su queste foto che lo ritraggono con un aspetto minaccioso o strano, perché quando si metteva in posa per scopi pubblicitari o cose simili assumeva un'espressione austera e minacciosa, completamente diversa dal suo solito sguardo gentile. Per quanto noi sappiamo, potrebbe aver avuto qualche motivo personale, magari di difesa, per cui voleva apparire in quel modo in pubblico, anche se austero è un conto, ma minaccioso è tutt'altra cosa e sono sicura che non è ciò che desiderava trasmettere, anche perché è lontano dal suo modo di essere nella vita privata. Poteva essere fermo e persino spaventoso se la situazione lo richiedeva, ma non era il suo comportamento abituale quotidiano. Molto probabilmente alcuni di quei racconti straordinari sono il risultato di quelle prime fotografie. Come tutti sappiamo, le copertine delle edizioni tascabili sono estremamente sensazionali, ma lui non aveva alcuna influenza su di esse. Non gli è mai stata mostrata una sola copertina prima della pubblicazione, non è mai stato consultato sulle scritte che apparivano sulle copertine, ma a quanto pare gli editori erano dello stesso parere del mio amico ben intenzionato – il pubblico ama le sensazioni e più una cosa è sensazionale, meglio è.

Anche la sua voce era fonte di impressioni sbagliate ed ingannevoli. Generalmente la voce umana è un buon indicatore della personalità e del carattere di chi parla. Sentire la voce di una persona ancora prima di incontrarla può permetterci di valutare abbastanza accuratamente di chi avremo davanti, quando la incontriamo davvero. Come ben sappiamo, la sua bocca e la sua mascella sono state brutalmente danneggiate da scarponi giapponesi in un campo prigioniero di guerra attraverso calci selvaggi, e si poteva sentire chiaramente che anche le sue corde vocali erano state devastate o alterate dai calci crudeli ricevuti anche intorno al collo, perché la sua voce mancava della risonanza e della profondità che, sentivo, doveva aver avuto originariamente. Parlava a voce bassa e questo deve essere stato naturale per lui, ma la sua voce sottile era completamente innaturale per la sua personalità. Quando parlava oppure faceva delle registrazioni per persone che non facevano parte della nostra famiglia, si sforzava coscientemente per controllare la propria voce e darle la forza e la profondità che ora le mancavano e, per un ascoltatore percettivo, deve essere stato evidente che stesse facendo uno sforzo. La sua voce veniva percepita male e suonava forzata, e l'ascoltatore si sarà certo domandato del perché.

Siccome era consapevole della sua incapacità di parlare come prima della tortura, si sforzava a ricreare la propria voce, ma così facendo dava, invece, l'impressione fuorviante di qualcuno che cerca di impressionare il prossimo.

Come dicevo, mi sono resa conto solo recentemente delle stupidaggini che circolavano su di lui. Per esempio è stato riportato che Lobsang Rampa fosse egocentrico, prepotente, sconsiderato e supponente, posseduto da un cattivo umore e che facesse delle sedute spiritiche. Ho difficoltà a riconoscere questa persona, perciò diamo un'occhiata a queste accuse e consideriamole alla luce del fatto che siano state attribuite ad un uomo conosciuto per la sua gentilezza ed il suo amore verso gli altri. Sono ben consapevole di aver affermato in varie occasioni che non importa CHI fosse Lobsang Rampa, ma importa, invece, ciò che insegnava e rimango di questa opinione. Però mi è stato chiesto di scrivere sulla sua gentilezza, dunque è importante che si ottenga un'immagine accurata, o almeno la più precisa possibile, di come fosse nella sua vita privata.

Egocentrico: i tratti caratteristici di un egocentrico sono il suo uso frequente delle parole io e me nelle conversazioni, la sua apparente incapacità di rendersi conto che il resto del mondo non è interessato alle sue interminabili chiacchiere sulle proprie imprese e sull'intelligenza con la quale domina qualsiasi scambio sociale e la sua visione miope del mondo visto attraverso un solo paio di occhi, cioè i propri. Una persona come lo era Lobsang Rampa, che dedicava la propria vita all'insegnamento e alle relazioni con gli altri, logicamente non poteva mai essere accusato di essere egocentrico. Parlava raramente di se stesso e dava addirittura l'impressione che non avesse alcun interesse nella propria vita. Scrisse, sì, della sua vita, ma se non avesse mai scritto i suoi libri, dubito che avrei saputo molto sulla sua infanzia. Lui era un uomo del presente e del futuro, non del passato. Era interessato al suo prossimo e al benessere universale. Nelle rare occasioni in cui si ricordava di qualcosa del passato stavamo tutti attenti ad ascoltare – erano occasioni talmente rare che ne valeva la pena ascoltarlo! Il suo successo era in parte dovuto al fatto che viveva nel presente e non bramava le cose del passato, era come se avesse steso un velo sul passato, non aveva alcun significato per il presente, era andato, finito e passato. Il passato è ciò da cui hai imparato e che ha creato l'oggi. Oggi è ciò che crea il domani.

Potreste sostenere che i suoi libri trattavano tutti del suo passato, ed è assolutamente vero, ma era separato dalla sua vita del momento. Lui non viveva i propri scritti – era il suo lavoro.

Lui credeva fermamente nell'autostima, nella consapevolezza di se stessi, nella sicurezza di se stessi e che, siccome possedeva lui stesso tutte queste caratteristiche basate sulla certezza, il suo primo dovere era quello di essere se stesso. Secondo la sua convinzione ognuno di noi ha una ragione per vivere ed è importante prendersi cura di se stessi fisicamente, mentalmente e spiritualmente per adempiere al proprio scopo. Se ti permetti, per esempio, di diventare dipendente da droghe o alcol, metti a repentaglio la tua salute fisica, mentale e spirituale e in questo mondo non puoi assolutamente svolgere un lavoro decente, puoi soltanto diventare un'influenza negativa. Pertanto è tuo dovere morale di prenderti cura di te stesso. Quindi, è egotismo possedere autostima, consapevolezza e sicurezza di se stessi? Non credo.

Prepotente: ebbene, lui "mandava avanti lo spettacolo" a casa, certo, ma quello ci sembrava una cosa ovvia. Alcuni di noi sono seguaci ed altri guide. Essere un seguace non significa che sei debole, ed essere una guida non significa necessariamente che tu sia prepotente, anche se sei quello dominante nel gruppo. Chen era chiaramente quello dominante nella famiglia, tutto ruotava intorno a lui ed il suo lavoro, perché tutti sapevamo che quella era la cosa più importante. Però non era prepotente nel senso che la vita doveva svolgersi secondo i suoi ordini senza che prendesse in considerazione il pensiero degli altri oppure costringendoci a fare ciò che desiderava. Anzi, si preoccupava costantemente del benessere delle altre persone, sia della famiglia, degli amici o degli estranei e spesso moderava la sua opinione in favore degli altri.

Sconsiderato e supponente: prima o poi la maggior parte dei bambini rivolge questa critica ai propri genitori durante la vita. Ad una persona con la levatura di Lobsang Rampa, dobbiamo tutti essere sembrati come dei bambini, spesso addirittura monelli. Se desideri tanto fare qualcosa che non ti fa bene e qualcuno ti dice che non la dovresti fare, considererai quella persona come sconsiderata e supponente. E se consideri te stesso un adulto con esperienza, anche se forse così non è, e ti dicono che quello che stai per fare non va bene, te la prendi. È una reazione naturale e siccome non hai l'intenzione di ammettere che forse non hai l'esperienza che credi di avere, ti giri e dici "lui è sconsiderato, e peggio ancora – è supponente".

Di cattivo umore: si alterava facilmente e poteva essere un effettivo deterrente per colui che lo ha provocato, però si calmava altrettanto velocemente e non portava alcun rancore nel solito senso della parola. Poteva essere, ed occasionalmente lo era, spietato, nel senso che, se una persona lo infastidiva sufficientemente, la tagliava fuori completamente dalla propria vita, la irradiava dalle pagine che avevano precedentemente occupato nella sua vita. Questo era di fatto buono e salutare in quanto non doveva più preoccuparsi del danno che gli avevano arrecato o il dispiacere che gli avevano causato. Smetteva semplicemente di pensare a quella persona, era come se non fosse mai esistita. Era capace di perdonare, ma se si oltrepassava quel limite che lui sentiva poter perdonare, era finita, le persone venivano allontanate completamente e per sempre. Si trattava di una specie di pulizia e impediva di portare rancore, che era una reazione corrosiva e negativa su corpo e anima.

Generalmente parlando, una persona etichettata di cattivo umore ha una natura suscettibile ed è difficile andarci d'accordo per la maggior parte del tempo, perché non cambia mai umore. Chen, al contrario, era di regola amabile e molto spiritoso. Spesso lo sentivamo suonare la sua armonica a bocca, ridacchiare per qualcosa che leggeva in un libro o cantare ai suoi gatti. Era solito raccontare delle barzellette mentre parlava con le persone. Gli estranei non sapevano esattamente come prenderlo, erano confusi. Si aspettavano una persona devota, preparata e seria. Come poteva essere, quindi, così umano e divertente? Ma lo era, e questi tratti lo rendevano caro alle poche persone che hanno avuto la fortunate di conoscerlo.

Sedute spiritiche: Mai! Lui non aveva assolutamente tempo per lo spiritismo. Non tenne mai dei raduni o incontri o sessioni di preghiera, e non meditò mai in compagnia. Credeva fortemente nella crescita personale, non nei gruppi. Non aveva bisogno del solito tipo di incontri che sono particolarmente popolari in Nord America e spesso rasentano la devozione ad un culto minore. Il suo rifiuto deciso di unirsi a questi gruppi fece arrabbiare alcuni che avrebbero voluto come la loro figura di rappresentanza, e lo presero come il bersaglio della propria ostilità risultando in un criticismo infondato ed ignorante. Però, come sempre, mantenne la sua posizione, senza mai esitare riguardo a ciò che considerava essere giusto.

* * * * * * * * * * * *

Poco dopo la pubblicazione di Il Terzo Occhio togliemmo le nostre tende e facemmo il primo dei nostri tanti traslochi. Prendemmo un appartamento a Dublino ed in seguito una casa in una piccola località sulla costa irlandese, non troppo lontano da Dublino, chiamata Howth. Coloro che conoscono i libri del dottor Rampa sanno già qualcosa sulla nostra vita vissuta lì e sugli amici fatti tra la gente di quel piccolo borgo di pescatori.

'Ben Edair' era una piccola casa costruita in pietra e affacciata sul mare, apparentemente appesa sulla parete del dirupo. Era abbastanza modesta, ne brutta e nemmeno particolarmente bella. L'entrata era in fondo e non al centro della casa, com'era solito nella maggior parte dei casi, e si entrava direttamente dalla strada, nessun vialetto d'accesso o sentiero, soltanto un paio di gradini dalla strada al portone di entrata.

Appena entrato all'interno ti rendevi conto di trovarti nel piano alto della casa che aveva una sala o un corridoio, che si distendeva per tutta la lunghezza della casa. C'erano due stanze o forse tre sul lato del corridoio che dava sulla strada, mentre sulla parte che dava sul mare c'era una stanzetta dove era permanentemente montato un telescopio e venivano conservati i binocoli e l'attrezzatura fotografica. Oltre quella stanza c'era un'altra stanza grande. Si trattava della stanza principale della casa,. Aveva un bovindo che sporgeva sopra il mare aperto, offrendo una vista magnifica: una distesa immensa di mare e di cielo. Nel mezzo, in primo piano, c'era un grosso scoglio, quasi un'isola, dal nome Occhio d'Irlanda. Questo scoglio era abbastanza vicino, ci si poteva arrivare piuttosto facilmente in barca, remando per una decina di minuti e lo facemmo spesso.

Naturalmente questa era la stanza di Chen. Il suo letto fu messo nel bovindo e la posizione era ideale per lui. Le finestre non erano della misura giusta e perciò, durante le tempeste, il vento fischiava attraverso i vetri della finestra mal piazzati, ma per lui non era un grande problema. Era duro come la roccia quando si trattava di affrontare il freddo o tempeste di qualsiasi genere. Li superava naturalmente, apparentemente senza bisogno di altro abbigliamento. Era come se non avesse freddo, come se non se ne rendesse conto. Lo vedo chiaramente nella mia mente, seduto nel letto con il suo pigiama di cottone sottile godendosi la tempesta, guardando i fulmini, mentre il vento fischia e le onde frastornano, si spezzano e si ritirano sotto, sulla spiaggia di ciottoli, mentre Ra'ab ed io siamo avvolte da maglioni di lana, calze grosse e, nonostante ciò, tremanti per il freddo.

In questa costa c'era una varietà di condizioni del tempo che spaziavano da una nebbia densa e fitta ai fulmini, dalle tempeste con forti venti di burrasca al mare calmo e cieli idilliaci. Cambiava perennemente e non era mai noioso. Oserei addirittura dire che lui amava quel posto. Dopo il trambusto della vita in una grande metropoli ed il subbuglio e la meschinità che aveva incontrato, qui, all'opposto, eravamo strettamente allineati alla natura e alle forze naturali, dove non c'erano sotterfugi, malintesi, niente di falso; era la luce dopo tanta oscurità, la calma dopo la tempesta. A Howth, posati sopra il mare in quella piccola casa, Chen sperimentò un senso di pace e un'armonia che, in tutto quel tempo che lo conobbi, non avremmo più trovato.

Una scala alla fine del corridoio portava verso il piano sottostante. Le scale facevano un giro e a metà scala, nella curva, c'era un bagno che indubbiamente era stato aggiunto dopo la costruzione della casa originaria. Questo piano in basso aveva tre piccole stanze, stanze seminterrate, perché si trovavano sotto il livello della strada ed erano, di fatto, molto umide. La mia camera da letto si trovava alla fine delle scale sul fianco della casa ed era necessario tenere il focolare acceso durante l'inverno per combattere l'umidità che saliva visibilmente lungo i muri. Amavo il fuoco, amavo andare a dormire guardando il bagliore ed i motivi che le fiamme saltellanti disegnavano sul soffitto. Era civilizzato, evocava la mia infanzia e confortava e riscaldava sia il mio cuore che il mio corpo.

Nel piano di sotto, che si affacciava sul mare, c'era una grande cucina con un pavimento piastrellato ed una grande finestra che ti dava l'impressione di trovarti fuori all'esterno. Chiaramente questa cucina serviva sia per cucinare che per mangiare perché c'era lo spazio per un bel tavolo grande, intorno al quale potevano starci sedute comodamente otto persone. Era ancora presente la disposizione originale della cucina – un grande camino e due forni, un gancio sopra il fuoco per far bollire la pentola – ma c'era anche un brutto fornello a gas che usavamo per la sua praticità. Sotto la finestra passava un sentiero grezzo che portava sotto casa, verso la spiaggia di ciottoli, dove tenevamo ormeggiata una piccola barca a remi.

La casa era mediocre, ma la sua posizione era, a dir poco, unica e soltanto poche persone l'avrebbero considerata conveniente. Per quanto riguardava l'arredo e l'abbellimento, avevamo il minimo necessario, che era consono con il modo di vivere dei Rampa. Ciò che avevamo era semplice e pratico. Era un tempo di stabilità finanziaria, ma non cambiava niente nel loro modo di vita, solo che non c'era più la preoccupazione per la povertà ed era possibile acquistare l'attrezzatura per il suo lavoro e, ogni volta che una persona bisognosa incrociava il suo sentiero, Chen era in grado di aiutarlo materialmente.

Delle poche persone con le quali facemmo amicizia, penso con grande affetto al poliziotto locale, la cosiddetta Guardia.

Io avevo sistemato la mia macchina da scrivere sotto la finestra nella mia camera, la finestra sul fianco della casa, dalla quale potevo vedere la strada e chiunque si fermasse a guardare oltre il muretto in pietra che proteggeva la casa ed i suoi dintorni (esito ad usare la parola giardino, perché era terra selvaggia e grezza). Una volte o due notai la Guardia vicino al muro ed supponevo che stesse facendo il suo giro quotidiano, fermandosi un pochino per guardare il mare. La terza volta lo guardai più attentamente. Il suo sguardo non era per niente diretto al mare, ma sembrava guardare con grande interesse qualcosa sotto la mia finestra o molto vicino ad essa. Lasciai la mia macchina da scrivere e salii per le scale.

Chen, la Guardia sta vicino la muro guardando qualcosa sotto la mia finestra. Secondo te dovrei andare a vedere di cosa si tratta? Chiesi.

Stava leggendo, ma mise giù il libro e portò le sue gambe giù dal letto. Vado io, disse, infilando i suoi piedi nelle scarpe e mettendosi la sua giacca nera. Non si sa mai con i poliziotti, anche con quelli irlandesi.

Quello era l'inizio della nostra amicizia con Pat. Ciò che stava adocchiando con un tale interesse era un vecchio lavandino in pietra, gettato fuori e dimenticato, che era mezzo sepolto sotto i detriti. Desiderava quel lavandino con tutto il cuore – ormai non ricordo più per che cosa gli servisse, ma lo voleva perché era perfetto per le sue esigenze – però osava chiederlo? Ebbene, lo fece e ovviamente gli fu ceduto e la sua gratitudine non ebbe limiti, nonostante - per diritto - non appartenesse a noi, ma al padrone della nostra casa.

Pat era alto, una persona robusta, adatto al suo lavoro perché sovrastava il resto della comunità. Allo stesso tempo era estremamente coscienzioso e rimaneva leggermente in disparte dagli altri, come richiedeva la sua posizione. Assumeva un'espressione facciale adatta al suo lavoro, forte e feroce, ma tutti sapevamo in paese che si trattava di una parvenza che di fatto nascondeva un uomo genuino, modesto e dal cuore tenero. Veniva spesso a casa e chiamava per poter entrare a chiacchierare con Chen. Non ci volle molta immaginazione per vedere che queste chiacchiere rientravano nell'area dei doveri – ed era proprio così, perché nelle loro conversazioni coprivano un ampio spettro di argomenti che gli avrebbero aperto gli occhi ed lo avrebbero assistito nella nella scoperta e nella valutazioni dei reati minori. I due messi assieme avrebbero presentato un serio deterrente per qualunque potenziale malfattore, anche se, come capita, non c'era molta criminalità in paese. La maggior parte del lavoro di Pat consisteva nell'assistenza delle persone in difficoltà, a mitigare litigi, raccogliere gli ubriachi caduti nei fossi e riaccompagnarli a casa prima che accadessero loro cose peggiori. In gioventù aveva combattuto con gli irlandesi contro gli inglesi e amava raccontarci come loro, un pugno di irlandesi valorosi, avevano difeso l'ufficio postale sotto assedio contro opprimenti avversità, e questa avversità era rappresentata dai bestiali inglesi, anche se questo non fu mai detto espressamente. Il fatto che Ra'ab ed io fossimo il nemico apparentemente non aveva mai sfiorato la sua mente. Gli irlandesi, come nazione, nascono pieni di tatto, hanno baciato "La Pietra Blarney" a migliaia, ma lui sembrava genuino in quanto non serbava il ben minimo rancore ed era sempre molto cortese e gentile con noi due. Com'era comune in Irlanda, si riferiva a Chen chiamandolo 'Lui stesso' ed a Ra'ab chiamandola 'Lei stessa'. Noi per lui eravamo, senz'alcun dubbio, pagani, come lo eravamo agli occhi di quasi tutti in paese ed è probabile che ogni settimana confessasse fedelmente al prete dietro la griglia, che la sua maggiore trasgressione era quella di associarsi a noi. Presumibilmente fu sempre perdonato perché divenne il migliore dei nostri amici, ricevette cure ed attenzioni uniche che lo sollevarono dal suo giro quotidiano e gli diedero uno splendore, che era una parte della grazia di Lobsang Rampa, concessa a tante di quelle persone che entrarono nella sua orbita.

Poi c'era Edgar. Edgar era il barcaiolo o uno di essi. Lui era tenace, sciupato e rugoso, seccato dal vento e dal sole, più anziano dei suoi anni e con l'abitudine di tirarsi su costantemente i pantaloni logori e puzzolenti di pesce ed acqua salata. Condivideva la barca con suo fratello che non era affatto così colorato. Infatti non riesco nemmeno a ricordare il suo nome. Con la loro barca portavano in giro le persone in estate e sono certa che se ci fosse stato qualcuno in inverno sarebbero stati disponibili per le gite durante tutto l'anno. Era una semplice barca di legno con un motore esterno che normalmente partiva al primo tentativo, ma a volte non lo faceva, e aveva spazio per sei o magari otto persone al massimo. Nei mesi estivi potevi vederla avanzare scoppiettando intorno al porto o lungo un piccolo tratto della costa con a bordo uno o due turisti coraggiosi , piuttosto temerari. Durante l'inverno i fratelli facevano ben poco. Vedevamo i due, seduti al fianco della loro barca portata in riva, mentre rammendavano le reti da pesca e spettegolavano con chiunque li ascoltasse. Molto spesso noleggiammo la loro barca al completo di Edgar per portarci al largo per alcune ore o per tutto il tempo che potevamo, ma era soltanto una goccia nell'oceano della povertà. A giudicare dalle tante volte che toccava il suo cappellino grasso e vecchio in saluto, sospetto, che ogni volta che capitavamo di vederlo, Chen passasse molte banconote extra in quelle mani callose, perennemente speranzose e bisognose.

Edgar era il padre di un'orda di bambini, ma il più grande quasi sicuramente non doveva la sua vita ad Edgar e non può essere considerato diffamatorio se dico, che il padre di questo bambino era un frate cattolico, che aveva benedetto la povera signora Edgar con la sua progenie. Era considerato un onore e l'uomo che la sposò successivamente alla gravidanza per farne una donna onesta, deve essere stato benedetto ugualmente, si può soltanto supporre e sperare, come una specie di premio per aver fatto un'opera buona al Signore. Per il povero vecchio Edgar, probabilmente questa è l'unica benedizione che mai avrà ricevuto. Chiaramente, a quei tempi non c'erano femministe in giro per Howth o da qualsiasi altra parte nella classe operaia irlandese. La famiglia che risultava dal matrimonio era disperatamente povera e sfamare e prendersi cura di tutti i figli che arrivavano in rapida successione uno dietro l'altro, deve essere stato un incubo orribilissimo e raccapricciante.

Una volta fui mandata a casa della famiglia di Edgar. I dettagli della visita non sono importanti, tanto meno le ragioni per cui andai, che comunque mi sono fuggite di mente, ma ciò che ricordo con una terribile chiarezza sorprendente è lo stato in cui vivevano. La casetta non era più di una capanna, c'era un odore putrido e pungente di pannolini bagnati che pervadeva tutto, c'erano pupi e bambini di vario stadio di crescita ed età che correvano intorno mezzi nudi, in mezzo ad un paio di galline scarne che razzolavano nello sporco fuori, con un gatto da un solo occhio e dallo sguardo cattivo, appollaiato su un albero marcio, che vegliava su tutti loro. Il bambino più grande, che si chiamava anche lui per ironia della sorte Edgar, stava in disparte da tutto questo. Era silenzioso con lo sguardo serio, il suo abbigliamento e la sua faccia sembravano più puliti rispetto al resto di tutti loro. La madre, dai lineamenti di una donna del doppio della sua età, dai capelli lunghi e spettinati con fili di grigio prematuro e che alla mia vista cercava di piacere, sorrise un sorriso patetico che rivelava la mancanza di denti ed intendeva dissimulare il fatto che era allo stremo delle sue forze. Mi fece fisicamente male che questa povera donna vivesse questa vita pensando che fosse il suo destino, per l'erronea convinzione che Dio volesse che sia così, che la sua vita in qualche modo doveva essere un'enorme punizione, una penitenza per qualche peccato sconosciuto ed era troppo dominata dalla paura per porre resistenza. Ricordo distintamente di aver lasciato quella casetta di campagna con una sensazione di pesantezza e di tristezza, difficili da spiegare.

Chen era in grado di assistere la famiglia un pochino economicamente, ma non bastava mai. Liberò il piccolo Edgar per almeno alcuni anni, facendo sì che il bambino potesse frequentare la scuola dei Fratelli Cristiani che, dopo tutto, era il suo diritto di nascita. Mentre io spesso sentivo una grande frustrazione perché la loro fede li legava così strettamente e li soffocava, Chen, credo, non lo vedeva allo stesso modo. Rispettava che era la loro fede e si rendeva conto che era una parte essenziale della loro esistenza, e non doveva essere contestata o distrutta dagli altri. Lo rattristava vedere la sofferenza, ma sapeva che era parte della condizione umana. Portare via la loro fede, per quanto crudele e insensata, comunque, questa fede potesse sembrare agli occhi degli altri, avrebbe significato distruggerli completamente. Non era conosciuto per avere mai tentato di cambiare la credenza di base di una persona. A parte l'aiuto economico che donava loro, trattava Edgar il barcaiolo con un rispetto che indubbiamente solo pochi o nessuno abbia mai mostrato nei suoi confronti. Edgar era un lavoratore ignorante che non lavorava neanche tantissimo perché nella maggior parte del tempo semplicemente non c'era lavoro, però Chen gli parlava da uguali, parlava di barche e del mare, sulla navigazione ed il tempo, dei turisti, di un mucchio di cose che Edgar capiva e alle quale poteva relazionarsi. La sua vita sul mare gli aveva insegnato delle cose che non avrebbe mai appreso dentro un aula di scuola. Gli elementi atmosferici sono insegnanti crudeli ma profondi e con Chen aveva la possibilità di esprimere le sue conoscenze. In poco tempo sembrava di crescere in statura, sembrava di stare più dritto ed eretto e ti guardava dritto negli occhi. Ma come per la donna che abitava nella stanza di fronte ai Rampa a Londra, c'era ben poco che si potesse fare per rendere la loro vita più facile. Entrambi avevano scelto il proprio sentiero. Si poteva soltanto mostrare riconoscimento e gentilezza e sperare che prima o poi se ne sarebbero ricordati e non si sarebbero sentiti completamente soli, abbandonati dal loro Dio, quel Dio nel quale riponevano una fede cieca, non importa quale sorte Egli riservasse loro.

Delle altre persone in città ricordo anche il tassista e la copia che abitava nella parte alta di Via Balscadden, al largo della via, lontano dal mare, in una casa moderna facente parte di una schiera di case. La cosa sorprendente riguardo a questa coppia è il fatto che Chen non era affatto loro amico, ma lo divenne, specialmente Vera divenne una buona amica sia di Ra'ab che sua. Di fatto le resero possibile che venisse a trovarci in Canada insieme a sua figlia e fu per loro il più bel viaggio della loro vita. Paddy, il marito, era un uomo allegro e bonaccione e non era raro vederlo barcollare su per la via Balscadden, stordito dall'ubriacatura, probabilmente appena sceso dal pullman proveniente da Dublino, il cui capolinea si trovava in fondo alla via vicino al chiosco. In quelle occasioni gli stavo alla larga, scansandolo oppure rientrando velocemente in casa in attesa che facesse il suo allegro passaggio che a volte richiedeva tempi notevolmente lunghi. Chen era moderato e tollerante nelle sue visioni sulla vita, ma l'alcol era una delle cose che detestava. Per lui cacciava fuori la psiche, aprendo l'ubriacone alla possessione da parte di entità dal basso piano astrale e, anche se la possessione è breve, può sempre arrecare gravi danni. Ed è per questo che la sua tolleranza nei confronti di Paddy mi sorprendeva sempre. Ovviamente sapeva che Paddy non era astemio, non ci voleva chissà che intelligenza per dedurlo, ma per qualche motivo a casa non se ne faceva cenno. Siccome Ra'ab era gentile con Vera, era probabilmente prudente non dire niente. Evitavamo l'argomento o, per meglio dire, forse lo evitavo io.

Il tassista locale era un altro come Edgar, un altro che deve aver sentito di aver vinto alla lotteria, quando i Rampa vennero in città. Era un tipo lento, solido, non molto loquace. Se andavi a casa sua nella via centrale, era sempre ora di mangiare. Quest'ora di mangiare racchiudeva l'intera giornata e lo lasciava tracagnotto e in qualche modo lento. Non chiedeva e non si aspettava molto dalla vita, la prendeva come si presentava ed era grato di avere una moglie laboriosa che teneva la casa pulita e si prendeva cura dei conti. Ciò che lo preoccupava di più era il fatto che il suo taxi – il suo mezzo di sussistenza – si sarebbe ovviamente rotto e morto prima di lui e allora cosa avrebbe fatto? Di fatto c'era appena abbastanza denaro per tenere la vecchia signora in moto e temeva che si rompesse da qualche parte per strada. Era una specie di meccanico. Lo doveva essere, visto che le macchine erano la sua fonte di guadagno, ma non era un esperto e indubbiamente non era in grado di montare un nuovo motore ed era troppo costoso farlo fare ad un'altra persona. Confidava nel Signore Dio e recitava le sue preghiere due volte al giorno e, anche se non era il più fedele dei frequentatori della chiesa, si fidava del fatto che le sue preghiere venissero ascoltate.

Usavamo spesso il taxi, soprattutto per andare a Dublino, ma anche per le gite in campagna e lungo la costa. Dobbiamo essere stati i suoi migliori clienti, non solo perché coprivamo molti chilometri, ma anche perché gli lasciavamo un ampia mancia oltre al prezzo della corsa di ogni viaggio.

Dopo aver vissuto a Howth per un po' comprammo una Heinkel, una macchina a tre ruote, un piccolo veicolo che era adatto per la maggior parte delle cose, ma non ci dimenticammo mai del tassista. Non mi fu detto niente a casa, ma un giorno lo incontrai in città guidando una macchina nuova di zecca con l'aspetto gonfio per l'orgoglio, ma anche per il cibo. -Accidenti, Ed, che bella macchina!, esclamai, quando rallentò alla mia vista.

-Ah, davvero, signora. Il bravo dottore sa riconoscere una buona macchina quando ne vede una.

Quando rientrai a casa chiesi della macchina e feci la scoperta che sì, gli era stata donata da Chen. -Pover'uomo, era preoccupato a morte, che un giorno la macchina possa rompersi nel bel mezzo del niente, magari con una donna in procinto di partorire nel retro o peggio. Dovevo liberarlo da questa preoccupazione. Semplicemente così. Alla fine era soltanto una macchina.

Il denaro di per se non aveva una grande importanza per Chen, ma lo apprezzava come mezzo ad un fine; era il mattone del cosiddetto mondo civilizzato, senza il quale non si poteva costruire niente. Lasciò che fosse Ra'ab ad occuparsi del denaro e lei era per sua natura riservata e attenta. Non che lei non si fidasse di qualcuno in particolare, per lei era difficile fidarsi di chiunque. Ai tempi in cui vivevamo in Irlanda dovevano esserci delle entrate da "Il Terzo Occhio" ed anche tasse pesanti, ma era un argomento di cui discutevamo raramente come famiglia. Sapevo che il libro ebbe successo e, almeno per me, questo successo era prezioso, non tanto per il denaro guadagnato quanto per il fatto che dopo una dura lotta per la sopravvivenza ci diede modo di campare. Lui era generoso con il denaro, dava delle mance esagerate ed aiutava le persone che reputava bisognose, anche se poi a lui rimaneva poco. E a quei tempi, per esempio, quando andava a Dublino non rientrava mai senza portarci dei regali al suo rientro, piccole cose come cioccolati, piante o libri.

Dall'altra parte non gli piaceva accettare niente da nessuno, di fatto per un periodo divenne davvero una specie di pomo della discordia per me. Lo consideravo come insensato e scortese, eppure come poteva essere? Lui era la grazia personificata. Probabilmente era semplicemente dovuto al fatto che lui sapeva di essere diverso, di non avere legami con la Terra e non desiderava contrarre debiti di alcun genere. Questo suo atteggiamento non andava bene, in quanto non veniva frainteso soltanto da me, ma anche dagli altri che desideravano esprimere la propria riconoscenza e come altro avrebbero potuto mostrarla se non attraverso un regalo che pensavano potesse piacergli? Quando ricevevano un rifiuto, lasciava loro una sensazione di freddezza e risentimento. Accettava il denaro in dono perché lo usava per acquistare materiali di ricerca e ciò che gli serviva per il suo lavoro, che considerava benefico per il mondo e di nessun beneficio o guadagno personale. Il dono di denaro era destinato ad un lavoro che lui aveva svolto, se però fosse stato in grado di ripagare in qualche modo il donatore, lo avrebbe fatto. A volte ci chiedevamo se avesse rimpianti riguardo all'impegno preso per il lavoro che doveva compiere, nonostante nessuno lo avesse mai sentito esprimere una tale idea. Più tardi, diventato il bersaglio delle persecuzioni, subite da parte di coloro che avrebbero beneficiato di più del suo lavoro, sembrava eccessivamente duro ed ingiusto.

Allo stesso tempo si faceva aiutare ogni giorno nello svolgimento di lavori che avrebbe benissimo potuto fare lui stesso, se non fosse stato cosi cosciente dei sentimenti degli altri. Quando lavorava con gli altri era la guida ed il compagno più piacevole e affettuoso immaginabile. Aveva il dono straordinario di farti sentire meritevole, capace e competente – anche se non eri davvero così meraviglioso e non eri certamente capace e veloce quanto lo era lui nel fare le cose. Amava insegnarti come fare una determinata cosa e lo faceva sempre con pazienza e umorismo, perché il segreto alla base era che si divertiva veramente. Era capace di portare alla luce il meglio di una persona, anche se in realtà non c'era molto da portare alla luce. Era come un giardiniere che si prende cura delle piante, consapevole delle esigenze del singolo e capace di fornirle perché gli piaceva vedere la vita fiorire. Vivere nella sua orbita significava essere rilassati, armoniosi, ma allo stesso tempo attivi e laboriosi, sempre rivolti verso la cosa successiva, trascinati da lui. Non posso immaginare di stare in una posizione più privilegiata di questa e, se la paragoniamo agli orrori del mondo economico e professionale moderno, era il paradiso.

Non era premuroso e generoso soltanto con gli svantaggiati. Per lui la posizione sociale delle persone non aveva alcuna importanza e capitava molto spesso che più alta era la posizione di una persona, maggiori le vicissitudini e minori le possibilità di assistenza, e più li aiutava perché ai suoi occhi i ricchi e potenti erano, in certe circostanze, bisognosi proprio quanto i poveri. Quanto ai costumi e ai principi sociali Chen aveva un disprezzo rinfrescante. Ci diceva di non aver ricevuto il giusto insegnamento per quanto riguardava il modo giusto di comportarsi e le cose che bisognava fare o evitare e, nonostante fosse perfettamente vero che non aveva preparazione, in realtà sapeva molto bene cosa la società si aspettava da lui, ma lo considerava superficiale e ridicolo, facendo spesso esasperare gli altri. Faceva ciò che considerava appropriato e giusto secondo i propri canoni, indipendentemente da chi aveva davanti. Si sarebbe rivolto ad una persona agiata esattamente nello stesso modo in cui si sarebbe rivolto ad un operaio, un politico o un commesso. Avevano tutti problemi e difficoltà e, anche se questi problemi variavano in dipendenza dalla posizione della persona, essi erano in ogni caso era temporanei ed applicabile a questa vita soltanto. Se vedeva un modo per aiutare o gli veniva chiesto aiuto, lo offriva semplicemente. In ultima analisi questo si riduce ad una totale e completa mancanza di snobismo che in genere è inusuale anche tra coloro che proclamano sonoramente di essere di ideologia democratica e liberi da questo. Però poi mostrano di avere la propria forma di snobismo, proprio come chiunque altro.

Prima di lasciare Howth completamente, c'è un'altra persona che vorrei menzionare, anche se in realtà non le ho mai parlato. Anche lei ha fatto l'esperienza della grazia di Chen, nonostante quest'esperienza fu sgarbatamente interrotta quando dovemmo lasciare il paese per una vita diversa oltremare.

Prendevo spesso l'autobus per recarmi a Dublino. L'autobus era economico e concedeva più tempo per fare qualunque cosa una avesse da fare in città, perciò lo preferivo ad un taxi che avrei dovuto obbligare ad aspettarmi. La fermata da cui partiva l'autobus era in fondo alla Balscadden Road, a cinque minuti di camminata da Ben Edair, scendendo giù per la collina e, una volta girato l'angolo, eccoti arrivato. Partiva frequentemente, era piuttosto puntuale ed il viaggio era di per se piacevole. Ogni corsa durava mezz'ora all'incirca. Era un autobus a due piani e avevo preso l'abitudine di sedermi al piano superiore, dove la vista era migliore e c'era meno gente.

Così, ogniqualvolta decidessi di andare a Dublino per fare delle commissioni, come portare i rullini a sviluppare, ritirare le stampe finite, acquistare libri o riviste, impossibili da trovare a Howth, per qualche curiosa coincidenza, una donna avrebbe preso lo stesso autobus e, invariabilmente, come se fosse guidata da qualche forza segreta nascosta, si sarebbe seduta nel sedile direttamente davanti a me. Era una coincidenza che non mi faceva particolarmente piacere perché questa signora aveva un odore corporeo molto distinto che fluttuava verso il retro, trasportato dall'aria marina che entrava dal finestrino aperto, e assaliva ininterrottamente le mie narici sofferenti. Aie, cani bagnati, letame, nessuna di queste cose mi disturbano molto, ma trovo atrocemente terribile e nauseabondo l'odore di corpi umani sporchi. Non solo questo, peggio ancora, il suo collo era sporco, coperto di sporcizia nera, un collo che non vedeva sapone probabilmente da anni. Sembrava orribilmente affascinante, di fatto quasi incredibile, che qualcuno potesse davvero avere un collo così sporco da attirare il mio sguardo e tenerlo fisso su di se, come se fosse un segnale luminoso lampeggiante.

Mi chiederete perché non cambiassi semplicemente posto. La risposta è semplice. Lei era qualcuno che ovviamente aveva visto tempi migliori e la mi personale sventura era che, a differenza di Chen, ero stata addestrata nelle arti sociali riguardo a ciò che si può fare e ciò che non si fa. Perciò rimasi al mio posto. I suoi vestiti erano, o devono essere stati, proprio meravigliosi. Sfoggiava addirittura uno o due cappelli, guanti ed una borsetta. In inverno indossava i tweed della casa Harris, larghi e logorati, ma una volta vesti robuste. In estate indossava vestiti con le stampe Liberty che erano fuori moda da tempo, lacerate e con gli orli che cadevano penzoloni, dove non avevano alcun diritto di penzolare, ma erano comunque stampe Liberty con colori e disegni sorprendenti e belli. Se avessi cambiato posto, se ne sarebbe accorta e avrebbe potuto offendersi. Perciò era necessario sopportare quell'odore disgustoso ed il collo sporco, piuttosto che offendere una signora in circostanze di disagio economico. Alla fine, Dio ce ne scampi, avrebbe un giorno potuto capitare a me, non si sapeva mai. C'era, ovviamente, sempre la possibilità che lei sia stata la donna di servizio di una signora che portava i suoi vestiti smessi, ma respinsi quell'idea nello stesso attimo che sfiorò la mia mente. Aveva un modo strano di camminare, quasi impacciato. Buttava un piede all'interno mentre camminava e aveva le gambe lunghe. Si trattava di un tipico esempio di eccessive buone maniere e nonostante tutto aveva un certo portamento diverso e superiore dagli altri. No, non c'era alcun dubbio, veniva da una famiglia aristocratica, però da qualche parte lungo il suo percorso era andata male.

Mentre sedevo nell'l'autobus e desideravo che raggiungesse al più presto Dublino, mi chiedevo spesso da dove provenisse, dove viveva nel villaggio, quale fosse la sua storia? Contemplai di chiederlo a qualcuno, ma mentre formavo la domanda nella mia mente – Lei sa dove vive la signora puzzolente? Decisi che era impossibile farlo. Dovevo domare la mia curiosità, non c'era altro niente che si potesse fare.

Poi, per fortuna, un giorno nel viaggio di ritorno a casa, eccola già seduta. Mi sedetti varie file davanti a lei e il viaggio trascorse inodore e pacifico. Quando arrivammo al capolinea presso il piccolo chiosco, rimasi seduta sul mio posto e la lasciai scendere davanti a me. Ero determinata di seguirla a casa sua. Proprio là, a fianco all'autobus c'erano alcuni edifici e, con mia grande sorpresa, lei scomparve, quasi come uno spirito che passa attraverso i muri. Doveva esserci un'entrata nascosta, ma quando raggiunsi il punto dove lei era scomparsa, lei era andata via. Che lei vivesse in quel posto, che rassomigliava considerevolmente ad un labirinto di cunicoli dove io assumevo vivessero i pescatori con le loro puttane, rappresentava un altro mistero. Ma le mie indagini erano fallite, mi era sfuggita. Ah, ma non del tutto.

Il medico locale aveva l'abitudine di venire di tanto in tanto per le visite di controllo di Chen e quando venne la volta successiva, capitò che mi trovassi nella stanza mentre Chen mi dettava dei testi e mi dava istruzioni per rispondere alla corrispondenza. Visitò il suo paziente, si fece una chiacchierata e lo riaccompagnai alla sua macchina che lo aspettava. -A proposito, Dottor B., c'è una donna in Howth che mi affascina. Mi chiedo se la conosce. Gli descrissi la donna ed evitai con discrezione di menzionare l'odore che la accompagnava.

-Oh, lei sta parlando della signorina E., io credo. Lei è – ehm – ecco, non troppo bene lavata? Annuii, e lui continuò. - È una storia piuttosto triste, lei è un pochino – un pochino – non è proprio giusta, è innocua, ma non proprio giusta di mente. Ha molti soldi o almeno credo. Sceglie di vivere in questo modo, non va d'accordo con la sua famiglia o qualcosa del genere. Ha qualche titolo davanti al suo nome, onorabile, non sono sicuro. Suo padre ha molti terreni, una casa grande. Lei sa com'è - - - Salì sulla sua macchina ed abbassò il finestrino. -Bene, tornerò tra qualche settimana. Il buon dottore sembra stare abbastanza bene, abbastanza bene. Buongiorno a lei, cara signora. E se n'era già andato. L'informazione non era molto di aiuto, ma almeno ora sapevo il suo nome e che non mi ero sbagliata nelle mie supposizioni riguardo alla sua nascita.

Alcune settimane dopo quel fatto, Chen ed io ci trovammo giù al porto per fare delle fotografie. Era uno di quei giorni ventilati e rinfrescanti in cui bisogna stringere le proprie cose a se, quando i capelli vengono soffiati dentro i tuoi occhi ed il sale nell'aria lascia la sua salsedine sulle labbra. Ricordo che era metà mattinata, le barche dei pescatori avevano tutte lasciato la sicurezza del porto ed erano fuori sul mare aperto facendo il loro lavoro, nel tentativo di pescare qualcosa. Con quel tipo di tempo la maggior parte della gente del posto, che non non viveva di pesca, rimaneva a casa. Era cresciuta in questo posto ed il vento e le onde non avevano alcun valore romantico per essa. Era una giornata da trascorrere dentro casa, perciò il luogo era deserto.

Durante questo tipo di escursioni, io rappresentavo l'asino: portavo e tenevo asciutte le macchine fotografiche, prendendomi cura dei vari obiettivi. Il vento ero troppo forte per usare il treppiede, avrebbe traballato ed annientato ogni sua utilità, perciò era meglio affidarsi ad una mano ferma ed un'esposizione rapida. Chen portava l'esposimetro intorno al suo collo e lo controllava costantemente.

Ci trovavamo a metà strada dall'altra parte del porto, quando il mio interesse fu catturato da una figura che si avvicinava dal villaggio. Stavo guardando Chen e la vidi soltanto con la coda dell'occhio, ma appena la foto fu fatta mi voltai per guardarla e sì, era lei, signorina E., che si avvicinava. Rassomigliava ad una delle figure dei romanzi di Jane Austen. Era avvolta in un grande mantello che sventolava e fluttuava, mentre il vento lo prendeva e lo sbatteva. Copriva la sua testa con il cappuccio e lo teneva stretto sotto il mento con la sua mano. Non c'era dubbio, neanche riguardo alla sua camminata, era la signorina E. Cosa diavolo aveva intenzione di fare, camminando lungo il muro del porto con intenzione, come se stesse andando da qualche parte – ma non c'era luogo dove andare se non direttamente dentro il mare.

-Guarda Chen, c'è quella donna, quella di cui ti ho parlato, colei che sale sempre sull'autobus per andare a Dublino. Dove starà andando con questo tempo lungo il muro del porto? Ero più che un pochino curiosa e avevo una sensazione di paura. E se stesse andando a buttarsi in mare?

Si voltò lentamente e casualmente. -Ecco, tanto per cominciare ce ne sono due di lei lì, disse, rivolgendosi nuovamente a me. Deve essere schizofrenica, non è correttamente allineata nel suo corpo, di fatto in questo esatto momento è completamente fuori dal suo corpo, è letteralmente al fianco del suo corpo.

-Cosa intendi dire?

-Botton d'oro, tu porta a casa l'attrezzatura di fotografia. Sbrigati ora. È in difficoltà. Vedo se le posso parlare. Ora sbrigati, tra un po' ci vediamo a casa.

Seguii i suoi ordini piuttosto delusa e rientrai a casa portando con me l'attrezzatura fotografica, mentre lo lasciai avvicinarsi alla signorina E. Salendo su per la collina la pensai. Schizofrenia, aveva detto. Soltanto poco prima avevamo ricevuto una lettera da una madre, il cui figlio soffriva di questa patologia. Non c'era molto che i medici potessero fare per questo bambino, perché questa malattia sfuggiva alla loro comprensione e, anche se si spiegasse loro che implicava un mal-allineamento per il quale il corpo astrale era incapace di allinearsi con il corpo fisico, rendendo incomprensibili i messaggi del Se Superiore attraverso il Cordone d'Argento, non ci avrebbero creduto. Essi non potevano accettare il corpo astrale come realtà, ancora meno il Cordone d'Argento e men che meno il Se Superiore. Però, dal punto di vista di un sensitivo era così semplice, così ovvio, si poteva vedere chiaramente, ma per un non-veggente con una mente chiusa era inaccettabile. Mentre ci riflettevo, mi stupivo del fatto che ci consideriamo così intelligenti, così civilizzati, così avanzati, quando in realtà siamo così ciechi ed incapaci anche solo di considerare qualsiasi cosa che vada oltre i limiti del nostro raggio tridimensionale.

L'esito dell'incontro con signorina E. fu che Chen riuscì a mettersi in contatto con lei, riuscì in qualche modo a raggiungere qualche piccolo miglioramento, ma fu interrotto da una cattiva pubblicità, dalla persecuzione da parte della stampa, dai propri problemi cardiaci e dal bisogno di lasciare subito l'Irlanda, attraversando l'oceano per il Canada.

Le buone azioni hanno un effetto di vasta portata, ma allo stesso modo ce l'hanno anche quelle cattive. Per via dell'invidia e della cattiveria diretta a Chen, è improbabile che quella povera donna si sia mai ripresa del tutto. Non ho idea di cosa le capitò, ma nei pochi incontri che ebbe con lui deve almeno aver intravvisto qualcosa di meglio, una ragione o uno scopo per la sua vita. Conoscendo la propria abilità nel vedere realmente cosa l'affliggeva e sapendo che pochi altri potevano vedere come lui, Chen si sentiva responsabile di fare ciò che gli era possibile. Quella era una parte della sua grazia.

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E così arrivammo in Canada. Quelle due parole, straniero residente, timbrate sul nostro passaporto, rappresentavano per me un marchio da mandare giù con orgoglio, ma non fu così per Chen e Ra'ab. Non soffrivano di alcun complesso e, a quanto pare, non subirono alcun trauma di fronte ad una nuova vita completamente diversa. Credo di fatto che la gradissero, considerandola un'evoluzione. La Gran Bretagna non era stata gentile con loro, nonostante Ra'ab fosse nata e cresciuta come cittadina britannica.

La vita domestica in Canada proseguì proprio come prima. La maggior parte del nostro tempo era dedicata alla posta, divenne un aspetto importante della nostra giornata, paragonabile ad un lavoro regolare, ed infatti era proprio quello. Prendemmo una casella postale, ovunque andassimo a vivere in Canada, e io sarei andata una o due volte al giorno a ritirare la posta. Siccome i lettori erano in linea di massima mutevoli, influenzati dall'opinione pubblica e dalle riviste, non era un lavoro completamente affidabile e certamente non era remunerativo. A volte la posta era tanta e altre volte era poca, ma anche gli autori hanno bisogno di vacanze e così, l'occasionale scarsità non era così male, se non fosse che rifletteva anche la scarsa vendita dei libri e la vendita dei libri era il nostro mezzo di sostentamento.

Chen mostrava una grande cura e dei principi molto alti nel trattamento della posta. Ogni giorno, quando scaricavo la pila davanti a lui, sarebbe immancabilmente stata appoggiata sul suo letto. Si sarebbe seduto ben dritto e avrebbe allungato le mani per prendere il vassoio robusto di legno che serviva come scrivania, se lo avrebbe messo sulle sue ginocchia e tirato fuori il suo tagliacarte. Io avrei avvicinato una sedia e Ra'ab avrebbe fatto altrettanto e, appena avrei trovato una matita e un blocchetto per scriverci sopra, saremmo state pronte. Era sua consuetudine dare un'occhiata al mucchio e scegliere le lettere che sapeva essere legate al lavoro, come per esempio quelle del suo agente, editore o commercialista e bisognava per primo occuparsi di queste. Avrebbe dettato l'intera risposta e, in caso si trattasse di una risposta lunga, avrebbe utilizzato il suo registratore portatile, favorendo apparecchi Sony e se, invece, fosse stata corta, l'avrei annotata con la mia unica forma di stenografia, indecifrabile per chiunque altro, non perché fosse un segreto, ma perché non avevo mai imparato la stenografia standard.

Una volta tolte di mezzo quelle lettere, avremmo fatto una pausa per prenderci un tè con i biscotti oppure del tè e cioccolato, che lui amava. Poi era il momento della posta degli ammiratori. Avrebbe prima aperto tutte le lettere senza toglierne una sola dalla busta, aprendole metodicamente con il suo tagliacarte, mostrando la sua mente abitualmente organizzata, e le avrebbe impilate nell'ordine secondo il quale sentiva di volerle leggere. In una busta speciale separata avrebbe messo tutti i francobolli che riteneva degni di essere conservati per un collezionista, uno che avrebbe potuto arrivare oppure qualcuno di cui sapeva già che collezionava francobolli. Le lettere di chi gli aveva già scritto prima venivano messe al primo posto, in cima alla pila, e solitamente lette con grande interesse. Aveva impiegato del tempo per rispondere alle loro prime richieste e, vedendo una seconda o terza lettera dello stesso mittente, era come se vedesse la lettera di un conoscente.

Ho un amico che si irritò per il messaggio inserito in uno dei suoi libri, credo che si trattasse di una tarda edizione di Il Terzo Occhio, nella quale Chen ricordava ai lettori che rispondere alle lettere aveva un costo. Le spese postali aumentavano davvero, come d'altronde facevano le spese di cancelleria e durante i periodi in cui avevamo difficoltà ad andare avanti, rispondere alle lettere diventava un problema, ma il problema non era mai tale da ignorarle: se il mittente era genuino e aveva un problema, Chen avrebbe trattato la lettera secondo il massimo delle sue abilità, anche se non c'era allegato il denaro per le spese postali.

A dire il vero, non rispondeva a tutte le lettere. Non lo faceva, però riusciva a rispondere ad una grande percentuale e soprattutto ai bisognosi. Le sue risposte erano ben ponderate e personali. A volte avrebbe affrontato grandi difficoltà per trovare indirizzi, nomi e luoghi per le persone che li chiedevano. Per lui era facile rispondere a domande metafisiche o occulte, non doveva mai consultare dizionari o enciclopedie, c'era tutto dentro la sua testa e spesso dava risposte lunghe ed estese per trasmettere un significato e la stessa cosa valeva per domande mediche. Molte delle persone che scrivevano avevano problemi di natura molto complessa e lui trattava le loro lettere con rispetto e riservatezza. Dopo aver risposto alle lettere, queste venivano passate nella macchina distruggi-documenti perché non ne restasse alcuna traccia per i curiosi. Non tenevamo mai una copie delle sue risposte, a parte, chiaramente, delle lettere d'affari.

Il processo dell'apertura delle lettere e della dettatura delle risposte ricopriva una grande parte della mattina. In alcuni casi mi dava semplicemente l'essenza di ciò che voleva dire ed io avrei composto la risposta. Con il passare del tempo e di fronte al peggioramento della sua salute, questo divenne sempre più frequente, però conoscevo talmente bene sia lui che il suo stile e le sue risposte, che era come se le avesse scritte lui. Naturalmente controllava sempre queste lettere. Una volte battute, Ra'ab avrebbe controllato gli errori e le avrebbe passate a Chen, che le avrebbe firmate dopo aver dato un'ultima occhiata per assicurarsi che era tutto in ordine.

In alcune occasioni coglieva delle sensazioni speciali da una lettera attraverso il tocco o semplicemente una vibrazione. Mi ricordo in particolare della lettera di una donna di Brighton. Si guadagnava da vivere insegnando il pianoforte. Non ricordo il motivo della sua lettera, ma nella sua risposta Chen menzionò che sentiva che lei avrebbe potuto essere una brava artista, maneggiando la lettera riusciva a vedere chiaramente che avrebbe avuto successo. Nella sua lettera non c'era alcun cenno alla pittura, e possiamo immaginare la sua sorpresa nell'apprendere che avrebbe potuto diventare un'artista. Quest'idea che non aveva mai sfiorato la sua mente. Nonostante ciò seguì il suo consiglio e iniziò la pittura ad olio ed entro pochissimo tempo divenne davvero un'abile artista, si esibì a Burlington House, dove uno dei suoi quadri fu acquistato dalla Regina e divenne parte della collezione Reale.

Un altro modo per comunicare con i suoi lettori era l'uso delle registrazioni su nastro. All'inizio, a Londra negli anni 1950, usava un magnetofono a fili che probabilmente la maggior parte delle persone non ha mai visto. La cosa peggiore, per quanto io mi ricordi, fu quando il filo si ingarbugliò nel peggiore dei modi e ho davanti l'immagine, che sicuramente deve essere reale, di qualche gatto che gioca con il filo mentre lui cerca di districarlo. Ma presto furono inventati i registratori a nastro e non passò molto tempo che ne provò diversi tipi. Credo che i primi nastri che mandò alla gente furono quelli tondi del tipo da bobina a bobina, poi le più grandi di forma oblunga ed infine quelli mini. Era molto interessato all'elettronica e direi che gioiva nel ricevere e inviare messaggi dalle e alle varie persone. Gli dava un valido motivo per usare gli apparecchi di registrazione. Parlava lentamente e molto chiaramente, non usava mai gli appunti ed era spesso molto divertente. Perciò posso immaginare che le sue registrazioni facessero molto piacere ai lettori. Occasionalmente anche Ra'ab si univa a lui in questo e persino i gatti, con le loro voci inconfondibilmente Siamesi – voci che, come la musica orientale, o l'amavi o la detestavi.

Abbiamo vissuto in una dozzina di luoghi del Canada. Non ci era permesso accumulare effetti personali perché avrebbe significato un bello sconvolgimento ogni volta che si avvicinava il prossimo trasloco. A volte traslocammo all'interno della stessa città, a volte ci trasferimmo più lontano, ma quando era il momento di raccogliere tutto per trasferirlo nella nuova abitazione, era sempre la stessa cosa. Non sono sicura se era la sua natura di essere sempre pronto a partire oppure erano le circostanze a dettarlo, ma sembrava sempre di avere fretta a fare ciò che doveva fare, come se stesse finendo il tempo. In forte contrasto con la sua mente attiva e la velocità con la quale riusciva a fare quello che si proponeva di fare, possedeva un tranquillità ed una pace interiore sorprendenti. I traslochi costanti avrebbero distrutto la nostra salute mentale, se non fosse stato per la sua calma e pace interiore ed il suo distacco dai valori mondani. Divenne un modo di vivere normale ed accettabile così com'era. Le persone con le quali entrammo in contatto durante tutto questo tempo erano tanto varie quanto gli stessi traslochi. Perciò ho la memoria alquanto confusa e mi viene male distinguere accuratamente un viso dall'altro oppure, tra loro, le persone che hanno ricevuto un regalo o un atto di grazia in tutto questo guazzabuglio. Posso dire con certezza che ovunque andasse, lasciò un'impressione profonda e duratura e non sempre favorevole. C'erano coloro che, come un cane che sente qualcosa di estraneo, si arrabbiavano. In questo c'era qualcosa che non capivano e li faceva sentire strani, timorosi. Generalizzando, si può dire che questo gruppo mancava di consapevolezza spirituale, i suoi valori erano puramente materialistici, era legato alla tradizione e si trincerava nelle credenze che nascevano da false religioni. Ma c'erano molte più persone che riconoscevano in lui un grande uomo, che erano sensibili e giungevano ad una nuova contentezza da questo contatto, per quanto sia stato breve. Nonostante le amicizie strette e durature si creavano solo difficilmente, la sua sincerità era reale, ma era come una nave che passa nella notte, oggi è qui, domani non c'è già più.

C'è una donna che riesco a vedere chiaramente con l'occhio della mente così com'era. Andava in giro con la sua sedia a rotelle motorizzata, rendendo la vita infernale a tutti coloro che avevano la sfortuna di incrociarla. Questo, fino a che non incontrò Chen. Era acida e aveva l'indole gretta. Non era deformata soltanto fisicamente, ma sembrava che avesse anche l'anima corrotta.

La incontrammo ad Alberta. Abitavamo in un condominio nuovo vicino al centro della città, all'ultimo piano o abbastanza vicini al tetto e avevamo preso due appartamenti che i venditori sono stati disposti a trasformare in uno solo per accoglierci. Erano molto bravi a sistemare le persone perché avevano difficoltà a trovare inquilini. In quella parte del paese non era ancora partita l'industria petrolifera e nessuno sano di mente avrebbe voluto vivere lì, perciò erano talmente felici di ospitarci che accettarono anche i nostri gatti e nelle altre città del Canada non era sempre stato così. Gli animali domestici erano e sono tuttora vietati nella maggior parte delle case d'affitto e questo era uno dei motivi per cui ci eravamo trasferiti da Vancouver.

Al piano terra, sotto gli appartamenti, c'erano dei negozi e devo dire che era comodo scendere un attimo giù quando era troppo caldo o troppo freddo per fare gli acquisti lontano da casa e questo succedeva nella maggior parte dei casi. In quest'area del piano terra, che era una specie di centro commerciale, c'era un supermercato Safeway ed una farmacia e c'erano anche degli uffici. Tra un negozio e l'altro riuscivamo a trovare tutto ciò che ci serviva per sopravvivere. Se volevamo acquistare libri, attrezzature elettroniche o fotografiche e materiali di cancelleria, dovevamo allontanarci un poco, ma la farmacia aveva sempre un buona offerta di riviste e un vasto assortimento di libri in brossura. Le nuove riviste arrivavano il martedì ed ogni martedì fui spedita giù per vedere cosa era arrivato, anche se la maggior parte delle pubblicazioni che piacevano a Chen erano mensili: Scienza Popolare, Meccanica Illustrata, Fotografia, riviste sulle automobili, l'elettronica, i telescopi, gli eventi di attualità e così via, e c'era un numero sorprendente di queste pubblicazioni. Venivano emesse in momenti diversi del mese in modo che Chen avesse sempre del materiale da leggere. Se sbagliavo, era semplice tornare indietro per cambiare l'articolo. Il farmacista era un uomo piacevole, anche se ero un pochino incolore, che desiderava accontentare e mantenere un buon cliente.

Il giorno memorabile in cui incontrai Mary per la prima volta stava piovendo, ma faceva anche troppo caldo. Era una giornata miserabile, che era di per se insolito per quella parte del Canada, conosciuta per avere il cielo azzurro anche nei giorni più freddi quando il termometro segnava parecchi gradi sotto zero. La miseria di quel giorno faceva da perfetto sfondo per quell'incontro. Deve essere stato un martedì, perché era la giornata dei libri. Presi l'ascensore per scendere nell'atrio e corsi girando l'angolo, tenendo alto il mia ombrello, anche se c'era una specie di baldacchino tutto intorno all'edificio e siccome era martedì, sapevo che ci sarebbero state le riviste, se non fossi stata troppo in anticipo. Dando uno sguardo al mio orologio mi resi conto, di essere forse davvero in anticipo e Mike Green, il farmacista, sarebbe stato indubbiamente nella camera sul retro pranzando, con la grande scatola delle riviste nel suo ufficio ancora chiusa, che lo aspettava per essere aperta, in modo che la sua assistente potesse sistemarle nello scaffale. Non era molto intelligente, ma era in grado di trovare le solite cose, dal dentifricio ai preservativi, all'aspirina, mentre Mike mangiava i suoi due vasetti di yogurt alla fragola, la sua mela e la banana, un pranzo invariabile e sicuro. Il suo nome era Molly e amava spettegolare, soprattutto dal momento in cui Mike metteva il cartellino "Fuori per pranzo, per piacere lasciate le Ricette nella Scatola" di cartone con una fessura, sistemata sul suo alto bancone di farmacia. Secondo lei lui non aveva alcun'idea di quello che succedeva nel negozio mentre lui si trovava nel retro per consumare il suo pranzo, ma lui sentiva tutto e sospirava ad ogni parola, quando non era troppo impegnato nella lettura del giornale Globe Mail.

Aprii la porta e trovai un pavimento molto bagnato con le impronte di rotelle ed un bel po' di fango. Non molte persone in città usavano la sedia a rotelle in quei tempi, a parte Chen, perché erano difficili da maneggiare per loro. Non c'erano rampe e venivano trattati come paria; i forti e capaci li fissavano o distoglievano lo sguardo imbarazzati, al contrario di oggi che le sedie a rotelle ed i loro occupanti sono accettati come normali e non sono costretti a rimanere in casa o nel balcone come lo erano allora. Perciò era interessante che da qualche parte in farmacia ci fosse una persona costretta nella sedia a rotelle.

Andai allo scaffale per vedere se dalla settimana scorsa c'era qualche nuova rivista e dall'altra parte dello scaffale abbastanza largo sentii una voce fine, alta e fastidiosa che strepitava contro Molly in un modo che appariva insensato:

No, no, perché non ne fai mai una giusta, stupida ragazza. Voglio QUEL sapone; prendo sempre QUEL sapone. Se tu avessi un minimo di buon senso, ormai lo sapresti! Ad accompagnare le sue parole c'erano violenti colpi acuti, come se stesse battendo sul pavimento un bastone contrariata. Andai verso la fine dello scaffale e mi voltai casualmente verso l'altra parte. Ed eccola lì, una minuscola donna rimpicciolita, con le sue gambe gonfie bloccate dritte davanti a lei, troppo corte per raggiungere il poggiapiedi; i suoi capelli grigi, ondulati e crespi con la permanente, secchi che coprivano a malapena il suo capo; le sue mani viola con le dita ritorte, una delle quali afferrava i comandi della sedia a rotelle, mentre nell'altra teneva il bastone per camminare e che, ovviamente, era la sorgente dei colpi. -Ormai si direbbe che tu lo sappia. E comunque, dov'è Mike? Molto abilmente fece una giravolta con la sedia a rotelle, girando nella la mia direzione, ovviamente cercando Mike, che indubbiamente stava tremando nella stanza del retro e si chiedeva sé se la sarebbe cavata rimanendo dove si trovava o sé lei lo avrebbe scovato.

Quando questo episodio allarmante era terminato, dopo che Mike era apparso per placarla, e lei aveva preteso che il sapone le fosse messo in conto perché non aveva soldi con se, io ero già vicino alla porta, siccome era chiaro che i magazzini non erano stai messi sullo scaffale e perciò avrei benissimo potuto tornare più tardi. Stavo per uscire quando vidi che la sedia a rotelle stava venendo verso di me con una velocità impressionante. Acchiappai la maniglia della porta e tirai con forza per aprire la porta per lasciarla uscire prima che mi travolgesse, quando, con mia grande sorpresa, tirò dritta, si fermò di colpo e si butto su di me: -Non ho bisogno che qualcuno mi apra la porta, la ringrazio molto, specialmente una come lei. Non ha alcuna idea, non è vero? Si tolga di mezzo. Si muova! E, grazie al cielo, sparì in un battibaleno.

-Santo cielo, Molly, chi era quella? Domandai, quasi in uno stato di shock. Questa minuta donna, chiunque fosse, aveva un ego enorme, anche se non era uno di quelli molto piacevoli.

-Oh, quella è Mary. È un demonio mal travestito. Si occupa del laboratorio di manifattura per i disabili sul retro del palazzo. Scommetto che sono tutti spaventati a morte dalla vecchia signora. Non c'è modo di accontentarla. E comunque sia, non sta benissimo neanche lei, non ti sembra? Non bisogna essere troppo duri con lei.

-Molly, tu sei troppo gentile. Qualunque sia la sua condizione, non c'è scusa per tanta sgarbatezza. Tornai all'appartamento composta e pensierosa.

In quei tempi Chen usava già la sedia a rotelle per le escursioni all'esterno, che, per il tempo inclemente, non erano per niente quotidiane. Ma la volta successiva che uscimmo gli proposi di andare a vedere quel posto per le persone disabili. -Deve essere da qualche parte "dietro casa" che fanno i lavori a mano, gli spiegai. Ero curiosa di rivedere quella donna piccola, ma aggressiva nel suo ambiente. Questa volta, mi tranquillizzai, mi sarei fatta da parte e sparita nell'ombra di Chen se l'avessimo incontrata. Ed è proprio quello che accadde.

Trovammo il luogo facilmente. Come aveva detto Molly, si trovava nel retro dell'edificio ed era piuttosto riservato per via delle finestre del tipo che si può vedere dall'interno ma non dall'esterno. La porta era straordinariamente larga, presumibilmente per permettere l'accesso facile alle sedie a rotelle, ed era dipinta di verde scuro con cartellino con una scritta nera che diceva Laboratorio.

-Questo deve essere il posto giusto. Vediamo se c'è qualcuno. Chen non era conosciuto per essere timido, ma non si poteva comunque definirlo invadente. Mi chiese di bussare alla porta. No, più forte, Botton d'oro, non sentiranno mai quei piccoli colpetti educati. Alla sua richiesta bussai ben forte, ma dovemmo sempre aspettare, nonostante all'interno c'era ovviamente dell'attività. Finalmente la porta fu aperta lentamente, giusto una fessura, ed una donna appoggiata su una stampella ci guardò. Chiese: -Cosa c'è? Oggi non aspettiamo delle consegne.

Poi apparve il demonio nella sua sedia a rotelle, prontamente spingendo la donna da parte con il suo bastone. -Spostati Betty, chi sono queste persone? Aprì meglio la porta, mentre manovrava la sedia a rotelle per guardarci meglio. Poi vide Chen. I stavo in piedi dietro a lui e la scena meritava di essere filmata. Se la sua mandibola avesse potuto cadere, le sarebbe caduta, la la sua faccia era così contorta e appuntita dalla malattia, talmente inaridita e tirata che non permetteva espressioni facciali, ma per una frazione di secondo rimase visibilmente immobile, come se la sua vita fosse in qualche modo cambiata. Dopo un solo secondo riconquistò l'autocontrollo, ma era come se sapesse di aver incontrato il suo degno avversario. Magari per lei era come per me quando incontrai Chen per la prima volta, quando mi sentii lasciare il mio corpo e vedere la scena dall'alto. Qualunque cosa fosse, sapeva che le stava per succedere qualcosa di diverso. Dicono che la malattia cronica o la disabilità aumentano la propria sensibilità e questa scena aveva tutta l'apparenza che lei sapesse istintivamente che era in presenza di qualcuno, qualcosa di molto potente, più di lei stessa. La maggior parte degli autentici sensitivi, per esempio, non godono di una buona salute, se lo facessero non sarebbero ricettivi per le vibrazioni più alte. Non sto dicendo che Mary fosse sensitiva, ma era più ricettiva e sensibile della maggior parte delle persone quando sono normalmente sane.

-Mi stavo chiedendo se posso dare uno sguardo al suo laboratorio, ne ho sentito parlare molto bene. Come vede, sono disabile io stesso. Chen parlava in modo disinvolto, ma non esageratamente gentile, semplicemente nel modo per lui solito, emanando rassicurazione e gentilezza. Forse era il primo uomo che abbia mai incontrato e che abbia rispettato a prima vista. Ci fu mostrato il luogo. La malattia mentale richiede una particolare comprensione e sembrava che intorno alla metà delle persone di quel laboratorio soffrisse di una forma o di un'altra di malattia mentale. Il resto era simile a Mary, ma non così tanto severamente ammalata, anche se alcuni erano in sedia a rotelle , quelle manuali per intenderci. Mary era al reggina di quel luogo con la sua sedia a rotelle motorizzata e la sua abilità di dirigere ed organizzare. Sembrava che la incontrassero ogni giorno in questa grande stanza per dedicarsi agli hobby, scambiarsi idee e socializzare, un asilo per gli handicappati. E nonostante fosse di fatto un demonio, il luogo non sarebbe esistito senza il suo spiccato senso per gli affari e le sue capacità organizzative.

Dopo le nostre chiamate al laboratorio divennero sempre più frequenti. Ci sarebbero state delle cose in casa nostra che Chen decise potessero usare: libri, attrezzatura per l'intaglio, accessori per i lavori in legno, vernici; ed eccoci diretti verso la porta verde con il cartellino dalla scritta nera. Con il passare del tempo si poteva osservare un cambiamento in Mary. A volte rideva, con un suono argentino come l'acqua che cade sulle pietre, il suo viso avrebbe tentato di sorridere, era più rilassata ed il bastone minaccioso sparì. L'atmosfera migliorò ed i disabili accoglievano le nostre visite a braccia aperte. Le loro vite furono cambiate, il demonio si era ammorbidito. Però era possessiva e e non aveva alcuna intenzione di permettere a nessuno di loro di avvicinarsi troppo a Chen. Lui era suo, definitivamente ed irrevocabilmente suo. Infatti, si era completamente innamorata di lui!

La cosa meravigliosa fu che Chen non fece niente per dissuaderla. Non era insolito che gli ammiratori dei suoi libri, in particolare le donne, si invaghissero di lui e lui le bloccava immediatamente. Ma con Mary era diverso. Lei non era un ammiratrice dei suoi libri o dei suoi insegnamenti, lei era un'anima in pena che aveva incrociato il suo sentiero. Ciò che lei desiderava ardentemente dalla vita, e non aveva alcuna aspettativa di ottenere o sperimentare, era una forte emozione positiva, una passione che avrebbe cambiato e reindirizzato la chimica del suo corpo ed era improbabile che un altro uomo le avrebbe mai permesso di innamorarsi di lui. Dalla creatura raggrinzita e amareggiata che era diventata attraverso una vita di malattia e rifiuto, sembrava che la sua anima s'innalzasse a nuove vette. Si svegliò ogni giorno con la felicità di essere viva. Finalmente era apparso qualcuno che lei rispettava e amava, che era diventato parte della sua vita, che esprimeva interesse nei suoi confronti. Nonostante la sua malattia ed i dolori che causava, lei era leggera, poteva essere divertente e briosa. Era come se fosse rinata. Soffriva per la sua apparenza e si mise addirittura un velo di rossetto. Era un miracolo vederlo.

Non ricordo che Chen abbia mai parlato a qualcun altro al telefono, ma lei lo chiamò regolarmente e lui stette con lei al telefono per quindici o venti minuti, appoggiando la cornetta alla sua testa per cogliere attraverso la conduzione delle ossa ciò che non era capace di sentire. Dopo queste telefonate era sempre esausto. Non aveva alcun sospetto della difficoltà che gli causava e se lo avesse sospettato, avrebbe rinunciato? Ho i miei dubbi. L'amore può anche essere egoista.

Infine, soccombette alla sua malattia, ma la sua morte fu pacifica. Aveva ricevuto il più grande di tutti i doni. Finalmente dopo una vita trascorsa all'interno di un copro brutto ed ammalato, aveva trovato l'amore e la felicità, e aveva risposto.

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Vi ho dato un piccolo sguardo nel mondo di Rampa? Era un mondo talmente diverso da quello che conosciamo come normale, eppure è stato così facile abituarcisi. Non è stato proprio facile fare la transizione e ritornare al mondo normale dopo aver vissuto con lui così tanti anni e c'è un'altra piccola storia che vi vorrei raccontare che probabilmente lo riassume abbastanza bene.

Ero venuta a Vancouver per trovare un lavoro ed una casa. Nel frattempo avevo accumulato alcuni beni che custodivo gelosamente, ma nessuno dei quali era essenziale, non essendo, per mia natura, non molto pratica. Il mio padrone di casa era una persona per bene ed un giorno venne da me, penso per raccogliere l'affitto, e notò che le mie stoviglie consistevano in un coltellino tascabile a serramanico, un cucchiaio ed una forchetta di plastica. Scioccato, mi invitò su a casa sua dove aveva qualche pezzo in più. Frugò nella sua cucina e presentò due servizi di stoviglie. "Questo", disse, puntando ad uno dei servizi, "è il migliore. È bello, vero?"

-Sì, è bello! È così gentile da parte sua. Stavo pr prendere il servizio, quando lui lo acchiappò prima che io potessi prenderlo io.

-Ho detto che questo è il migliore. Lei può avere l'altro, non mi serve e tanto non mi piace molto. Ma le può servire. Per lei può andare bene.

Ero mortificata. Deve aver pensato che ero avida, ma la verità è che avevo vissuto per troppo tempo con Chen. Nel mondo che avevo lasciato da così poco, nel suo mondo, e se Chen capitava di avere due pezzi della stessa cosa e arrivò qualcuno che voleva qualunque cosa lui avesse, si sarebbe congedato dalla cosa che amava di più e avrebbe tenuto l'altra per se stesso, esattamente il contrario del mio padrone di casa normale. Lo ricordo seduto sul letto con le gambe incrociate con magari due sveglie, due coltellini tascabili a serramanico oppure due radio. Ci avrebbe chiesto: "Ora, quale vi piace di più" Quello scelto come il migliore, sia da noi che da lui, sarebbe andato alla persona che lui aveva in mente. Oppure, se aveva qualcosa che un altro desiderava ardentemente o necessitava, lo dava via senza grandi storie. Lui poteva farne a meno, anche se era qualcosa che gli piaceva molto. Mi ero talmente abituata a questo modo di donare che avevo dimenticato che questo non è il modo in cui viene fatto nel mondo normale.

Ma mi chiedo, mi chiedo semplicemente, se fosse possibile per noi emulare il suo modo, la sua grazia e, magari, piano piano diffondersi ed infine diventare normale per tutti? Una volta che superi l'ostacolo ed inizi a dare liberamente, diventa facile, un'abitudine e le ricompense sono enormi. Anche se lo scopo del dare non è questo, ricevi in cambio cento volte ciò che hai dato. Certo, è difficile immaginare un mondo senza avidità, ma non è impossibile – lui lo faceva. Noi potremmo fare lo stesso.

FINE.